Ritorno al Marigold Hotel
Il film è un remake di “Marigold Hotel”, ovvero la storia di un hotel indiano trasformato in una “casa di riposo” speciale, dove gli ospiti cercano “nuove opportunità per vivere”, possono inventarsi un lavoro e trovare un “nuovo inizio”. Possono anche sedursi reciprocamente. Ma questa è forse la parte più debole del film. Non è così facile, e neppure realistico, pensare a una senior circondata da amanti, come una delle protagoniste. Ogni film sugli over60 ci interessa comunque perché mette in gioco la nostra immagine. In questo caso si tratta di una commedia che non ha le pretese di parlare della vecchiaia con la profondità di “Amour” e neppure con la delicatezza de “Le notti di San Lorenzo” ma che, tuttavia, tempera l’ottimismo con gli “appelli” quotidiani, da parte del proprietario, per verificare che tutti siano presenti e che nessuno sia morto durante la notte. Un film gradevole che ci rimanda un’immagine abbastanza onesta dell’invecchiare.
Michael Caine, in un’intervista a Repubblica, si lamentava di essere stato “messo in pensione” a 60 anni e di aver trovato ruoli interessanti solo a distanza di tempo, nella vecchiaia. Per qualche ragione ignota il cinema si trova più a suo agio con i grandi vecchi piuttosto che affrontare quella zona grigia che va da 60 ai 70 anni, dove il ruolo del protagonista lascia il posto al padre del protagonista. Questo film non fa eccezione, nel senso che, a parte il ruolo marginalissimo di Richard Gere, la maggioranza degli ospiti senior è over70 e anche over80.
Sul piano psicologico la domanda che ci facciamo è la seguente: cosa rimane nel pubblico della positività del film? Riusciamo a identificarci con i protagonisti o pensiamo che venga messa in scena la solita vecchiaia dorata degli attori che non ci appartiene? La risposta, a nostro avviso, è diversa a seconda del genere. Le attrici portano con disinvoltura rughe e rotondità di troppo. Non sono rifatte, almeno in modo vistoso, non sono troppo palestrate e con loro ci possiamo identificare facilmente. Ma il discorso cambia a proposito degli attori. Voglio dire, i danni fisici dell’invecchiamento negli uomini ultrasessantenni sono sostanzialmente due: la perdita di capelli e l’arrotondarsi del profilo. Ecco, nessuno di questi attori ha l’aspetto di un uomo comune. Anziani sì, ma affascinanti, non un chilo di troppo, non un capello da rimpiangere. Forse in fin dei conti gli attori sono maggiormente vittime del cliché di quanto non siano le attrici. In questo senso le donne del film sono vincenti. E per gli spettatori maschi senior l’identificazione è più difficile.
Ed è un peccato perché l’idea di poter vivere nuove vite, anche della durata di un giorno, in una prospettiva temporale limitata, è assai accattivante.
Ritorno al Marigold Hotel, regia di John Madden, con Judy Dench, Maggie Smith, Bill Nighty, Dav Patel, David Strathairn, Richard Gere
Wally Festini Harris è nata e vive a Milano. Già psicoterapeuta e professore universitario, ora si dedica alla scrittura. E' autrice, tra gli altri, dei saggi, "Ricomincio da 50" (2009) e "Ricomincio da 60" (2015).