Dove sono e dove vado
Il mio lavoro consiste nell’aiutare le Organizzazioni ad avere Persone “performanti”. Dopo tanti anni mi sono convinto che un elemento chiave perché questo avvenga è che le Persone stiano bene con il lavoro e con la fase professionale che stanno attraversando. Vale per gli altri e naturalmente vale anche per me. Per aiutare la riflessione uso spesso uno schema tratto dal libro di Enrico Oggioni “I ragazzi di sessant’anni”, Mondadori 2012. Mi sembra una utile chiave di lettura per i lavoratori Senior. Non solo per loro, probabilmente, ma sicuramente per loro. Prima o poi ci arrivano a farsi delle domande. E certamente ci sono arrivato io.
Non è facile capire dove mi colloco. Non nella riga “sentirsi in declino”, direi. Ma nemmeno esattamente in quella “sentirsi in rilancio”. Ne aggiungerei una tipo: “sentirsi sospesi”. Una fase in cui sono ancora forti i legami che trattengono sul lavoro, di necessità-sociali-psicologici e anche di soddisfazione, ma in cui sento chiaramente un inizio di distacco. Se guardo allo schema: non sono già più nella fase “hic manebimus optime”, non credo nella fase “buio” e mi rifiuto di cadere nella fase “inerzia”, mi piacerebbe puntare a “bilanciamento” e forse arrivare a “sfida”; alla peggio, per un po’, finché mi chiarisco le idee, può andare anche “ripiego”. Vorrei guidare il processo, e non esserne trascinato. Il punto chiave è capire “dove ti porta il cuore” e poi fare un’analisi di realismo e fattibilità.
Non è impossibile capire dove batte il cuore. Almeno in teoria. Quali sono le occasioni di lavoro in cui sto bene? In cui mi sento “a posto” e contento di me? In cui il tempo passa senza quasi che me ne accorga in un flusso costante e robusto di energia e voglia di fare? Per quanto mi riguarda, ad esempio, quando sono impegnato: avere poco da fare è frustrante. Mi piace studiare un po’, allargare le mie competenze e gli ambiti di applicazione. Mi piace che mi dicano “bravo! Hai fatto un ottimo lavoro”, che mi ascoltino, che mi apprezzino. E se allargo un poco la prospettiva: quali sono le cose che mi piace fare nel tempo libero, i miei hobbies? Non posso riportarli nel lavoro tali e quali, naturalmente, ma forse qualche componente che contribuisce a rendere quell’attività speciale per me, si. Il mio hobby è correre. Quando sono in palestra mi piace vedere film o documentari sul video del tapis-roulant, e quando sono fuori mi piace fare strade nuove. C’è dentro una componente di “scoperta”, di “esplorazione”. C’è “libertà” e autodeterminazione disciplinata: perché la corsa va portata a termine, non va bene interromperla e ritirarsi, o anche smettere di correre e camminare. Mi piace che la corsa duri un tempo sufficiente a sentirmi impegnato: devo sentire un po’ di sforzo per essere soddisfatto.
Impegno, scoperta, autonomia, giusto sforzo, padronanza, portare le cose fino in fondo ad una giusta conclusione, studio. È qui che il cuore batte! O almeno questo è il “come”. Mi manca da capire meglio il “cosa” fa battere il cuore. I temi. I contenuti.
Di questo parleremo nella prossima puntata
Psicologo. Dopo più di 40 anni di lavoro nelle organizzazioni ha deciso di dedicare il suo tempo alla famiglia e allo studio delle religioni e della spiritualità nel mondo.