Un profilo per due

Libera attualizzazione del “Cyrano de Bergerac”, il film si apre su un filmino in super 8. Il protagonista lo guarda: è la moglie morta quando era ancora giovane.

Pierre è un settantanovenne un po’ tirchio, un po’ scorbutico. Si lascia andare, gli duole la schiena, prende tante pillole colorate. Soprattutto soffre di solitudine. Come accade nella vita, si lamenta che i famigliari non lo vanno a trovare abbastanza spesso. Insomma il regista non ne fa la solita immagine consolatoria.

Il compagno della figlia gli insegna a entrare in Internet e per Pierre si apre un mondo di occasioni sociali. Non si sente più solo. Si entusiasma per la molteplicità di persone che Internet permette di “incontrare”. Gli piace quel comunicare con il mondo senza bisogno di uscire, prezioso per chi non è più giovane. Si entusiasma per il potere delle parole, per quella speciale comunicazione di esperienze e di emozioni che non ha bisogno del corpo. In Internet, per fortuna, le parole non hanno età.

Cerca donne giovani e belle e vuole piacere. Si innamora e vorrebbe stabilire una relazione con una donna, certo, ma poi si scontra con la sua età anagrafica. Già, in Internet basta una bella lettera per essere seducenti, e Pierre scrive benissimo, ma poi arriva il momento in cui bisogna svelare il proprio aspetto fisico. Il film rappresenta molto bene da una parte il desiderio di comunicare e di corteggiare una persona dell’altro sesso, quel sentirsi giovani dentro che si scontra con l’invecchiamento del corpo.

Nella relazione con una giovane donna Pierre si fa sostituire dal ragazzo/docente e da questa dicotomia nasce tutto l’intreccio del film. Pierre ce la farà a restare dietro alle quinte, solo voce narrante della storia amorosa? E il giovane se la caverà nel ruolo di corpo senza parole?   Il regista si immagina un giovane aspirante scrittore che accetta di insegnare a usare il computer perché è senza lavoro.   Qui troviamo un confronto tra le problematiche, e le psicologie, di due generazioni.

Nel film i famigliari non suscitano simpatia. La figlia si preoccupa che il padre trascuri il suo aspetto per poi diventare ostile e sospettosa non appena lui si tira a lucido perché è innamorato. Chissà perché i figli si oppongono quasi sempre agli amori maturi.

Il ragazzo diventa complice di Pierre e risulta simpatico perché sa capirlo e sa stare al gioco. Bella la sua frase “Vorrei essere come lei a settantanove anni” e bellissima la risposta di Pierre “Nulla ti obbliga ad attendere”. E’ la battuta più bella del film, che per altro ha una sceneggiatura spumeggiante.

Il protagonista è credibile nella sua malinconia e nella sua voglia di vivere. L’interpretazione di Pierre Richard troneggia tra interpreti bravi ma non eccelsi.

L’happy end piace. Peccato che la partner “giusta” per Pierre, trovata in rete naturalmente, abbia almeno vent’anni meno di lui. Il cinema è sempre ingiusto con le donne senior.

Un film da vedere, tenero, profondo e molto divertente.

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Wally Festini Harris è nata e vive a Milano. Già psicoterapeuta e professore universitario, ora si dedica alla scrittura. E' autrice, tra gli altri, dei saggi, "Ricomincio da 50" (2009) e "Ricomincio da 60" (2015).

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