La belle époque
La pellicola si apre su un film in costume. Lo spettatore si interroga se non ha per caso sbagliato film. Di fatto “La belle époque” è un grande film sul cinema. E’ la centesima volta che entriamo in un back stage, che le scene ci appaiono in tutta la loro finzione, che ci interroghiamo sulla psicologia degli attori, capaci di essere se stessi e di essere “altro”. Tuttavia la macchina dei sogni non cessa di stupirci.
La cifra di questo film è la ricchezza: ricchezza di immagini – spaziamo in diversi set – e ricchezza di intrecci. Infatti ci viene raccontata la vicenda del protagonista, Victor, e della moglie, Marianne, ma anche del regista, Antoine e della sua compagna.
Victor e Marianne sono una coppia senior in crisi. Sono cambiati entrambi in modo divergente: tanto Victor è retrogrado, ostile a ogni progresso, quanto Marianne è piena di vita e non si nega neppure un amante. “Pure io sono una nonna ma non ho l’aria da nonna” afferma lei.
Depresso, Victor, che fa il disegnatore per una rivista che non esiste più, si rivolge ad Antoine, titolare di un’agenzia che fa viaggiare nel tempo. Antoine permette di vivere in qualsiasi epoca con una perfetta e costosa ricostruzione storica cinematografica. Victor sceglie il 1974, anno in cui in un bar ha conosciuto sua moglie.
La ricostruzione si basa su disegni dello stesso Victor. Le scene sono meticolose, le comparse sono scelte con cura, i dialoghi sono precisi. Antoine indirizza con un auricolare l’attrice che impersona Marianne da giovane. Victor si diverte a fare domande imbarazzanti fuori copione.
Tutto il film si gioca sul “dentro la scena” e “fuori dalla scena” con un andirivieni che non genera mai confusione ma che risulta molto intrigante e divertente. Il set induce forti emozioni nei personaggi ma anche negli spettatori senior. Alla vista dell’abbigliamento di allora, di un telefono fisso e di un jukebox è impossibile restare indifferenti.
Il gioco tra finzione e realtà creerà innamoramenti ed equivoci, mentre Marianne tornerà in gioco nel finale, benché il 1974 fosse un periodo in cui “gli stupratori la passavano liscia, abortire era difficile e ci pareva di vivere in un posacenere pieno”.
La sceneggiatura è scintillante. Mescola divertimento ed emozioni. Daniel Auteuil è davvero magistrale sia da vecchio che da “giovane”. Bella la scena in cui si ringiovanisce. Fanny Ardent è vitale quanto il personaggio che interpreta. Ci si interroga sulla sua data di nascita. Difficile decidere se è più bella o più brava. Tutti gli interpreti sono ottimi.
Un film intelligente e divertentissimo da non perdere.
La belle époque, di Nicolas Bedos con Daniel Auteuil, Guillome Canet, Doria Tillier, Fanny Ardent, Pierre Arditi, 2019.
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Wally Festini Harris è nata e vive a Milano. Già psicoterapeuta e professore universitario, ora si dedica alla scrittura. E' autrice, tra gli altri, dei saggi, "Ricomincio da 50" (2009) e "Ricomincio da 60" (2015).