Solitudine “sana”, solitudine “malata”
La storia di: Elisabetta
Ciao sono Eli, 58 anni, scrivo dalla Liguria sono Spezzina.
Il 2021 è stato un anno drammatico, il covid si è portato via il padre dei miei figli. Divorziati da anni ma uniti da un affetto sincero, non si possono dimenticare 28 anni di matrimonio e 40 anni di conoscenza.
Sono sprofondata nella solitudine malata, quella non voluta che spesso cerchiamo per rilassare la mente. Non ho amicizie, praticamente passo le giornate a casa e non sento nessuno a parte i figli. Ma a loro non voglio far pesare questa mia paura di restare sola.
Non riesco a socializzare ho timore di trovare persone sbagliate; mi sento sicura in casa, ma questa situazione è pesante, sto buttando via il mio tempo. Così ansia, attacchi di panico sono i miei nemici, se solo potessi avere delle belle amicizie, incotrare una persona, sicuramente invecchiare non mi farebbe cosi paura. Paura della solitudine.
Elisabetta ha chiesto di avere una risposta pubblica da una psicologa esperta del mondo senior. Risponde Silvia Lo Vetere:
Gentile signora,
ha subito una perdita molto importante. Ritrovare l’energia nella vita non è immediato né semplice, e questo anno di isolamento certo non ha aiutato.
E’ però ancora troppo giovane per arrendersi. Penso in molti le abbiano già suggerito volontariato, gruppi tempo libero o simili.
Sono occasioni preziose per reinvestire nella vita, ma penso che le occorra un gradino precedente: chieda qualche colloquio psicologico, magari in un consultorio della sua zona. Parlare con qualcuno e condividere il dolore della perdita può davvero aiutarla successivamente a rientrare nuovamente in una dimensione più progettuale.
E magari scoprire aspetti di sé che possono sorprenderla e che ha ancora tempo di capire come spendere e realizzare.
In bocca al lupo!
Foto di rihaij da Pixabay
Buongiorno Elisabetta,
mi chiamo Marina. Non è facile per nessuno fare amicizie a questa età. Specie in un momento in cui un lutto ha investito la sua famiglia, immagino che manchi la voglia di persone “nuove”, che non sanno niente di noi e con le quali bisogna, all’inzio, per prudenza, trattenersi o parlare del bello e del cattivo tempo. Ha una donna di servizio affezionata, che viene da lei sistematicamente? Se sì, le consiglio con tutto il cuore di superare le “distanze sociali” e di aprirsi con lei, ascoltandola e confidandosi. A poco a poco si sentirà meno sola e più contenta e, da questa piccola contentezza le verrà voglia di uscire, di guardarsi intorno e, perché no? sedersi su una panchina e chiacchierare con qualcun altro, sedersi a un bar carino e scambiare altre due chiacchiere e così via. Finché il senso di solitudine passerà, mai completamente, ma in gran parte. Un sincero augurio.