Età e atteggiamento verso il lavoro

Con l’avanzare dell’età, l’atteggiamento verso il lavoro migliora o peggiora?

Negli ultimi anni è andata via via innalzandosi l’età media della forza lavoro. Negli USA, nel 2010, il segmento più numeroso della popolazione lavorativa era quello compreso tra i 45 e i 49 anni di età e questo fenomeno, negli Usa come in Europa, continuerà ad accentuarsi.

lavoratrice seniorQuesto implica e implicherà nei prossimi anni molteplici sfide per chi ha un ruolo manageriale nelle organizzazioni del lavoro. Tra queste rientra anche quella di mantenere alta la produttività dei lavoratori più anziani che può essere sostenuta da atteggiamenti positivi nei confronti del lavoro.

Stereotipi ancora diffusi attribuiscono a chi ha maggiore anzianità professionale un progressivo disinvestimento nel lavoro, minore motivazione e maggiore distacco, sulla base dei quali i lavoratori più anziani vengono talora penalizzati, ad esempio nelle opportunità di sviluppo di carriera o valutazione della performance.

Uno studio del 2010 condotto da Thomas Ng e da Daniel Feldman che mette a confronto i dati di 802 lavori di ricerca in tema di atteggiamento verso il lavoro, tuttavia, evidenzia che i lavoratori più anziani si pongono verso le attività svolte, verso le persone con cui hanno relazioni professionali e verso le organizzazioni per cui lavorano in modo generalmente più positivo rispetto ai colleghi più giovani.

Gli autori spiegano questo risultato attraverso la teoria della selettività socio-emozionale: man mano che l’età avanza le persone tendono a dare meno valore alle opportunità di apprendimento e di carriera per il futuro e a focalizzarsi maggiormente su ciò che, nel presente, consente una migliore qualità di vita personale e professionale. I lavoratori più anziani spenderebbero più energie e tempo ad alimentare buone relazioni sui luoghi di lavoro e dedicherebbero maggiore attenzione a quelle informazioni positive che sostengono appunto un atteggiamento positivo verso il lavoro.

Secondo Ng e Feldman questa tendenza generale può modularsi diversamente in base alle caratteristiche dei lavoratori, come ad esempio il fatto che siano donne o uomini, che abbiano un basso o alto livello di istruzione, che appartengano a gruppi tradizionalmente svantaggiati. Chi fa parte di un gruppo sovente penalizzato, ad esempio, con l’avanzare dell’età, può aver perso interesse e motivazione a causa di ripetute esperienze negative.

La sfida per i manager di organizzazioni del lavoro con un’anzianità lavorativa e anagrafica via via maggiore non è pertanto quella di contrastare atteggiamenti negativi verso il lavoro ma piuttosto quella di valorizzare, con politiche e strumenti di gestione organizzativa adeguata, i lavoratori anziani con atteggiamento più positivo verso il lavoro. Allo stesso tempo, con un’opportuna diversificazione delle strategie (ciò che si chiama “diversity management”), dovrebbero saper tener conto delle criticità e dei punti di forza dei gruppi di minoranza presenti in organizzazione. Chi è stato sovente penalizzato e ha quindi poche aspettative, se opportunamente sostenuto, può sentirsi ampiamente gratificato e sviluppare atteggiamenti più positivi anche a fronte di un piccolo riconoscimento.

(Thomas W. H. Ng, Daniel C. Feldman, the relationships of age with job attitudes: a meta-analysis. Personnel psychology, 2010, 63, 677–718)

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Assegnista di Ricerca - Università di Torino

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