Pensioni tra sogni e bisogni: un problema (anche) di soldi

Con questo articolo Osservatorio Senior prosegue il dibattito sulle riforme pensionistiche, iniziato con il precedente articolo “Cantiere pensioni”.

Il tema sollevato da Enrico Oggioni nel suo “Cantiere pensioni” è davvero cruciale. Posto che è singolare che sul tema delle pensioni le istanze più rilevanti arrivino dal Presidente INPS e non dal Ministro del Welfare, il primo aspetto sollevato è quello della flessibilizzazione. Qui, il dilemma da risolvere è quello di convincere l’Unione pensioniEuropea che un maggiore aggravio oggi (uscite anticipate) sarà bilanciato da un minore esborso domani (prestazioni di importo minore). Il tema della flessibilità delle uscite è da tenere in grande considerazione perché consente ai lavoratori di più di 55 anni, sempre più “rottamati” da un mercato del lavoro che non valorizza l’esperienza, di poter gestire la fine lavoro con dignità ed equità sociale. Se siamo in grado di convincere l’Europa, è un provvedimento che ripara i recenti danni introdotti da una visione meramente contabile del tema.
Di questi giorni poi l’avvio della busta arancione, l’informazione sulle prestazioni future che era stata prevista già nel 1997. Le prime notizie ed il manuale pubblicato da INPS mostrano la volontà di informare i cittadini correttamente, indicando non solo le pensioni attese ma anche le condizioni di variabilità cui tali importi potrebbero essere soggetti. Le pensioni, infatti, varieranno in funzione degli andamenti macroeconomici (la rivalutazione è agganciata al PIL), dell’allungamento della vita (l’età pensionistica è indicizzata alla longevità) ed alla carriera (più è ripida più scarsa è la quantità di contributi versati da giovani). L’unico dubbio ad oggi è se si userà, come necessario, più di uno scenario di simulazione per il PIL. Se ciò verrà confermato, avremo per la prima volta democrazia informativa e non finte ipotesi “ottimiste” volte a tranquillizzare in eccesso i lavoratori. Sorprende, tuttavia, la contestazione subita dal Presidente INPS durante la conferenza stampa indetta per presentare “La mia pensione” (così si chiama l’informazione INPS). Sarebbe infatti utile che i rappresentanti dei lavoratori rammentassero che la prima controriforma pensionistica è quella che ci obbliga a versare contributi nel PIL invece che investirli in mercati ben più redditizi. E se il tema è quello di evitare che i contributi finiscano in investimenti speculativi, sul che non si può che concordare, basterebbe fare come negli USA, vincolando i gestori dei fondi pensioni a metodi quantitativi, sanzionando comportamenti predatori e obbligando chi gestisce previdenza complementare a non giocare con il denaro sacro dei futuri pensionati.

Infine, e qui si gioca molto della partita futura, bisogna comprendere dove si trovano i soldi per dare reddito di cittadinanza ai 55-67 enni. La recente sentenza della Consulta, che considera illegittimo il mancato rivalutarsi delle pensioni “sostanziose” deciso dal governo tecnico Monti-Fornero e impone allo Stato di restituire il “maltolto”, rammenta infatti quanto sia difficile chiedere a chi è già in pensione un sacrificio per aiutare le generazioni successive. Già oggi, peraltro, la spesa per pensioni è pari ad oltre il 34% della spesa pubblica, e nel 2013 l’onere complessivo posto a carico della fiscalità tra previdenze e, soprattutto, assistenze, è di 104 miliardi di euro.

Che fare, dunque, per reperire risorse? Le strade che si prefigurano paiono due. La prima, tremenda, è quella del governo giapponese Abe, che considera di rimuovere il concetto di pensione di vecchiaia, e del governo inglese di Cameron, che darà la possibilità ai lavoratori di prelevare il montante contributivo dopo i 55 anni, lasciandoli naturalmente senza pensione pubblica. Si tratta, in sintesi, di Stati che intendono restituire ai pensionati i loro problemi, come accadeva prima del secolo XIX. La seconda via è quella di ragionare sulla redistribuzione della ricchezza, chiedendo un impegno ai pensionati favoriti da pensioni derivanti da sistemi di calcolo molto generosi. Non basta però chiedere: ci vuole un patto generazionale che sia accettabile, e magari compensi le minori entrate previste dai pensionati con servizi pubblici adeguati alle necessità di vita dei longevi. Premialità, e non punizioni. Anche su questo, è aperta la riflessione pubblica e privata.

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Sergio Sorgi è socio fondatore e Vice Presidente di Progetica, società specializzata nell’educazione e divulgazione sui temi finanziari. E’ esperto di welfare e ha realizzato particolari approfondimenti su temi demografici, previdenziali e pensionistici. E' coautore del volume "Il futuro che (non) c'è", Università Bocconi Editore, 2016.

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