Roberta, senior volontaria nell’emergenza

Il volontariato senior ai tempi del Covid19.

C’è chi, comprensibilmente, non se la sente e sta in casa. C’è chi se la sente e magari, improvvisandosi, rischia di mettere a repentaglio la sicurezza altrui e la propria. In questo concitato presente ho deciso di incontrare una terza tipologia di volontari e in questa specificatamente una donna, una volontaria che dal 1997 ha scelto di portare nei peggiori scenari d’emergenza tre elementi operativi ben precisi: un solido e certificato know how professionale, l’importanza imprescindibile di una formazione continua e l’aderenza scrupolosa alle linee guida emanate dalla Protezione Civile o, più in generale, come in questo caso, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Roberta Brivio sul campo

Lei si chiama Roberta Brivio, dottoressa e presidente della sede lombarda SIPEM SOS, cioè della Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza Social Support. La disturbo in quei pochi momenti liberi che dal 4 marzo riesce a ritagliarsi e la intercettiamo, telefonicamente, rubandole i preziosi minuti dedicabili a una meritatissima pizza dopo una mattina a coordinare “180 volontari… pensi che all’inizio della pandemia eravamo partiti in 5… a oggi abbiamo già superato le 2500 ore di consulenza e le 800 chiamate!”.

74 anni, un passato da dottoressa nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Melegnano e un presente da libera professionista e Perito del Tribunale di Lodi. È però il terremoto dell’Umbria che tiene a battesimo il suo essere psicologa volontaria: converge insieme ad altri psicologi provenienti da tutta Italia in quella martoriata regione “per aiutare come potevamo”, sviluppando però, una volta finita l’emergenza, la comune certezza di dover trovare il modo, ufficiale, di organizzarsi, su base volontaria, per inserirsi, con preparazione specifica nelle strutture di Protezione Civile.

Sa però qual è la differenza tra questo momento e quel lontano 1997? Questo è diverso perché il lutto, qui, non puoi condividerlo con una vicinanza fisica. Pensate anche solo a non poter stare accanto ai colleghi, anche solo per stringersi la mano. In altre catastrofi, nonostante tutto, c’erano momenti di convivialità. In queste serate pandemiche stiamo procedendo solo con conference call… solo così supportiamo i colleghi a livello emotivo…”.

Vi confesso che è faticoso portare avanti un’intervista dove è tangibile il lato umano di chi, sempre in prima fila nei momenti difficili, noi giornalisti spesso rappresentiamo, erroneamente, come supereroe. Chi ci sta parlando, scopriamo invece essere fatta di carne e ossa e ci confessa di trovarsi piuttosto in un territorio veramente inesplorato “nonostante siamo avvezzi a partecipare e organizzare regolarmente esercitazioni come parte dei nuclei NBCR, sigla che sta per NUCLEARE – BIOLOGICO – CHIMICO – RADIOLOGICO!

Lasciando stare per quanto possibile la sfida contro il Covid19, mi permetto comunque di chiedere un consiglio su come un volontario senior, in tempo di pace, possa allora fuggire dal possibile burn out causato da condizioni di sovraccarico operativo: “Il miglior dispositivo di sicurezza per prevenire l’angoscia degli operatori è la formazione, un continuo aggiornamento, così da allenare la propria capacità di resilienza o comunque di accorgerci in maniera preparata quando siamo vicini al punto di rottura… e ovviamente affidarsi a realtà di volontariato capaci di coordinare e rispettare turni precisi, bilanciati e sostenibili”.

E se uno, un po’ perso dopo la pensione, si vuole buttare a capofitto nel volontariato? “Una brocca se è vuota non può versare acqua. Prima dobbiamo stare bene noi per aiutare gli altri. Quindi uno in pensione deve fermarsi e ragionare per pensare cosa gli piacerebbe fare, chiedersi chi è realmente… è colei o colui che se non opera otto ore al giorno sotto le frustate del capo non si sente vivo o, come persona, ha dei sogni? Da piccolo cosa sognava di fare? Bisogna recuperare questi aspetti profondi e su questi decidere come muoversi. Non si deve aiutare gli altri per colmare la propria solitudine. La brocca deve essere piena. Riempiamo prima la nostra solitudine e poi aiutiamo gli altri”.

Allora lancio la domanda secca: i senior nel gruppo di volontariato… quale marcia in più e quale in meno? “La marcia in più dei volontari senior è l’esperienza e la capacità di fare tesoro delle relazioni, della rete di conoscenze, soprattutto delle risorse sociali a disposizione nei propri territori. Le difficoltà, almeno per me, sono gli aspetti digitali dell’operare, ma per quello esistono i volontari più giovani e da loro possiamo imparare!”.

E se, visto che ormai il pranzo gliel’ho rovinato, chiedessi a Roberta di pensare oltre la pandemia e raccontarci un sogno per il prossimo futuro? “Devo dire che è già qua il mio sogno! Il prossimo anno faccio 75 anni e vado in pensione anche dalla mia associazione… e la lascio, in sana e robustissima costituzione, a mani capacissime. Questo mi rende orgogliosa e felicissima!”.

Roberta finisce la pizza, nel mentre spero d’essere stato di buona compagnia. Comunque la saluto non prima d’essermi appuntato, tra le tante cose uscite in questa chiacchierata, una senior-riflessione che giriamo volentieri a voi lettrici e lettori di Osservatorio Senior: “Mi colpisce – conclude Roberta – che fino a poco tempo fa, soprattutto quando si parlava di età pensionabile, certe persone non erano considerate anziane. Parliamo delle stesse persone che, invece, per età anagrafica, in questa pandemia, scopriamo essere classificate come categorie a rischio. Magicamente un over 65 ora viene catalogato come anziano. Strane cose succedono!

Già.

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Francesco Bizzini, responsabile ufficio stampa CSV Milano – Centro di Servizio per il Volontariato Città Metropolitana di Milano.

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