Il bene bisogna saperlo fare bene. Dal 2012 in Italia esiste il progetto Università del Volontariato che ha il compito di erogare proprio questo: formazione d’alta qualità per volontari, associazioni e persone impegnate nel non profit.
Luogo di pensiero sul Terzo settore, le politiche di welfare, è altresì un luogo di formazione aperto a tutti coloro che vogliono iniziare ad impegnarsi per gli altri o che da tempo già lo fanno.
In dieci anni dalla fondazione, sui banchi delle sue sei sedi (Bologna, Cosenza, Ferrara – Modena, Milano, Salerno e Treviso) sono passati anche migliaia di volontarie e volontari senior, volontari che non solo quotidianamente fanno sentire il loro impegno sul territorio, ma che hanno deciso di affinare e rilanciare tale impegno partecipando al percorso di studio UNIVOL. Accompagnati da tutor si tuffano così in un anno ricco di corsi obbligatori e a scelta, stage da effettuare e discussione di tesina finale, come nei classici atenei insomma.
Eleonora è una di loro: “Ho 63 anni, sono in pensione da 3. Ho lavorato nella sezione amministrativa dell’USL di Treviso per oltre 35 anni. All’università del Volontariato ci sono arrivata perché sono una persona da sempre curiosa e ho pensato ‘finalmente sono in pensione, voglio fare tante cose’. Così le operatrici di Volontarinsieme – CSV Belluno Treviso, il Centro di Servizi per il Volontariato che coordina la sede trevigiana di UNIVOL, mi hanno proposto di diplomarmi all’Università del Volontariato, iscrivendomi e partecipando al percorso di studi completo”.
Nata a Milano, ma trasferitasi in giovane età con la famiglia in Veneto, Eleonora è socia fondatrice dell’Associazione di promozione sociale Sogno Numero2, realtà che opera da 40 anni nel settore della inclusione, promuovendo la formazione intergenerazionale e il sostegno psico-sociale come strumento di prevenzione, anche nei confronti di soggetti svantaggiati. Lo fanno in una bellissima cascina con 4000 mq di verde intorno. Un paradiso fatto di accoglienza per grandi e piccini, attività culturali, workshop olistici e momenti di aggregazione comunitaria.
“Ho incentrato la tesina finale sull’approfondimento dello storytelling, soprattutto legato ai social media, quale strumento utile al racconto della vita associativa e di chi la anima, una cosa che mi è tornata utile anche per le attività creative che svolgo fuori dall’associazione. Ciò che ho di più apprezzato del percorso è che le lezioni avessero un taglio tendente al pratico. La teoria è necessaria, ma rischi di perderla dopo un po’ se non la trasformi in pratica. Di contro all’Università del Volontariato mi è stata data la possibilità di riflettere sulle pratiche, pormi delle domande, colmare anche lacune, capire se ci fossero altre, migliori, modalità nel mio operare”.
La sede trevigiana di Univol, oltretutto, lega a doppia mandata la sua esistenza allo storico Campus Treviso – Università Ca’ Foscari Venezia: qui trova sede e con i docenti cafoscarini, chiamati anche a salire in cattedra, co-progetta l’offerta formativa, scegliendo cosa replicare, cosa aggiungere nell’anno accademico corrente e cosa eventualmente rimodulare per quello successivo.
“Il mio unico rammarico è che non ho potuto assaporare la vita universitaria in presenza. Causa emergenza covid tutto si è svolto online, precludendo così di fatto il piacere di stringere, tra i banchi universitari, eventuali amicizie o collaborazioni con gli altri corsisti. Però anche in questo ‘non in presenza’ ci vedo del positivo. In remoto ho partecipato a tutto e spesso anche al di più, in maniera veramente agile, cosa che non avrei fatto così agilmente presenziando di persona”.
Ma sei andata da poco in pensione, perché non goderti finalmente il meritato riposo? “Ah, credimi io e le mie amiche eravamo proprio dell’idea di prendere e partire per l’Australia, stare via senza pensare al ritorno. Poi è arrivato il covid e siamo ancora in attesa di riprogrammare il tutto. Però almeno, grazie al volontariato, siamo riuscite a essere attive anche durante i lockdown. Abbiamo una fattoria in sede e quindi c’era da curare gli animali”.
Ma allora il volontariato può essere un piano B per chi va in pensione e si sente perso? “Sì, ma teniamo ben in mente che se è vero che non è mai troppo tardi per iniziare, nella vita determinate scelte devono essere fatte per tempo. Non si dovrebbe vivere per 60 anni puntando esclusivamente tutto sul lavoro. La vita dovrebbe essere piena di tante cose ‘altre’ anche durante l’esperienza lavorativa. Scegliendo questa via non ho sentito oggi lo strappo nel passaggio tra vita professionale e vita da pensionata”.
L’impegnarsi per gli altri può portare benefici? “Di certo fare volontariato è impegnativo. Sacrifichi molto e spesso mi sono dispiaciuta di ciò. Però mi ha dato talmente tanto che oggi non sarei quello che sono se non lo avessi fatto. Se dovessi tornare indietro, insomma, rifarei esattamente le stesse scelte. Il volontariato non investe solo il tempo in avanzo, deve essere un impegno preso con costanza, costanza che garantisce poi il benessere della stessa persona e dell’associazione. Il volontariato deve diventare una parte integrante della nostra vita, al pari di altre cose che richiedono costanza per farci del bene, come lo sport”.
Oltre il benessere fisico e mentale cosa si porta a casa il Senior da un’esperienza di volontariato, magari al fianco dei più giovani? “Impariamo una cosa preziosissima operando con loro, cioè che i tempi cambiano e che un cambio di passo, finanche di leadership, è necessario. Non possiamo pretendere che le nuove generazioni di volontari prendano in mano ciò che abbiamo fondato 40 anni fa, portando avanti i nostri sogni, con il nostro esatto stile!”.
E i suoi di sogni oggi dove portano? “Io sono curiosa di scoprire cose nuove. Ho ancora tante cose da vedere! Vi confesso che, prima della pandemia, avrei anche preso al volo la valigia, andando a vivere all’estero, per iniziare una vita nuova, da zero insomma. Perché credetemi, metterci di nuovo in gioco è la soluzione per restare sempre attivi”.