Le differenze generazionali sul lavoro
Un fenomeno al quale assistiamo da ormai diversi anni, e che sempre più caratterizzerà i luoghi di lavoro dei principali paesi occidentali almeno nel prossimo futuro, è l’aumento della percentuale di lavoratori senior rispetto al totale della popolazione aziendale.
L’allungamento dell’aspettativa di vita, le riforme pensionistiche che tendono a spostare in avanti l’età pensionabile, i tassi di natalità sempre più bassi sono fra i principali fattori sociali che determinano una sempre maggior presenza di ultra-sessantenni sui posti di lavoro.
Si tratta di un trend che, fino a qualche anno fa, era considerato per lo più in modo negativo dalla maggior parte dei datori di lavoro: l’obiettivo era in molti casi quello di facilitare l’uscita dei senior, attraverso la concessione di incentivi, per poterli sostituire con figure junior, ritenute più flessibili, più capaci di adattarsi alle novità (soprattutto tecnologiche) e più motivate.
Molto è cambiato negli ultimi tempi, e le aziende, dopo aver preso atto della realtà dei fatti, hanno sviluppato politiche volte a facilitare la coesistenza di dipendenti con età diverse fra loro, cercando soprattutto di sfruttare al meglio l’apporto dei senior per aumentare le performance complessive aziendali.
Vale la pena forse di riflettere su una circostanza particolare: i luoghi di lavoro rappresentano uno dei pochi ambienti sociali dove è possibile un effettivo confronto paritario fra generazioni diverse. In altri ambiti, come la famiglia, la scuola, il tempo libero, lo sport, può coesistere una differenza generazionale solo in presenza di una chiara distinzione dei ruoli (a scuola i senior sono insegnanti, i giovani sono studenti; in famiglia i senior sono nonni o genitori, i junior sono figli o nipoti), oppure tale differenza addirittura non esiste e viene, anzi, accuratamente evitata (nello sport o nel tempo libero i giovani frequentano altri giovani, i senior altri senior).
Nel lavoro sempre più diviene necessario il confronto e la collaborazione fra persone con età a volte significativamente diverse, e tale condizione, se ben gestita dalle organizzazioni e dalle persone coinvolte, può trasformarsi in una preziosa circostanza per favorire l’integrazione generazionale e la trasmissione di esperienze fra individui di età diversa, con proficue ricadute anche a livello sociale.
Quali sono le condizioni che rendono il confronto fra senior e junior soddisfacente e ricco di frutti per le parti coinvolte?
Come trasformare una situazione spesso imposta dalle circostanze in un’occasione di crescita reciproca? Ci pare di poter indicare tre aspetti che potrebbero risultare particolarmente importanti da questo punto di vista.
Il primo è la curiosità, l’apertura al nuovo. Solo il desiderio di conoscere modi diversi di vedere e affrontare il lavoro (e la realtà in genere), e dunque la disponibilità ad ampliare i propri orizzonti, può predisporre ad un confronto fattivo verso l’altro e verso le sue esperienze di vita, pur nelle differenze di età e di mentalità. Solo la curiosità e la volontà di apprendere cose nuove possono portare a instaurare un dialogo aperto e disinteressato fra senior e junior, che si trasforma poi in proficua occasione di arricchimento.
Il senior deve sentire il bisogno di aggiornare la propria visione delle cose, di apprendere nuove metodologie e tecnologie, di integrare nuove conoscenze nel proprio patrimonio esperienziale. Il giovane deve invece riconoscere come la propria crescita professionale possa essere facilitata e accelerata facendo tesoro dei suggerimenti e delle esperienze di chi ha già affrontato problemi e situazioni simili in passato.
Una seconda condizione è il rispetto. Le differenze generazionali ci sono, non possono e non devono essere annullate, ma è necessario riconoscerle come una ricchezza, come un patrimonio da valorizzare. Troppo spesso l’atteggiamento di partenza è di indifferenza o addirittura di disprezzo: i giovani ritengono di non poter essere capiti dai senior, perché troppo ampia è la differenza di linguaggi e di mentalità; i senior evitano il confronto con i junior, non condividendone i valori e ritenendo di non aver nulla da imparare da loro. Uno sforzo reciproco di avvicinamento e di comprensione non può che offrire spunti di riflessione per gli uni e per gli altri, e, di conseguenza, un arricchimento reciproco e un valore aggiunto per l’organizzazione a cui si appartiene.
Citiamo infine la tolleranza. E’ impossibile che da un rapporto umano nasca qualcosa di costruttivo e positivo se si guarda solo ai difetti e alle mancanze dell’altro. Questi difetti e queste mancanze però ci sono, in quanto ogni condizione umana, e dunque anche ogni età, porta con sé debolezze e imperfezioni. Guardare con benevolenza all’altro, andare oltre i suoi lati negativi, ci sembra fondamentale per far sì che si crei una relazione fruttuosa, soprattutto quando le differenze sono ampie e i difetti tendono ad essere più evidenti.
Dobbiamo dunque tutti auspicare che il rapporto ed il confronto fra giovani e senior, che inevitabilmente avviene su molti luoghi di lavoro, divenga sempre più un esempio di apertura e di accoglienza reciproca fra generazione diverse, e dunque segno di speranza per la nostra società, spesso troppo polarizzata e frammentata nelle sue diverse componenti e fra i suoi diversi attori.
Nel 2019 si è concluso il progetto “Generazioni in azienda”, realizzato dall’interno dell’iniziativa “Dai un senso al profitto” del Cergas / Università Bocconi, con la supervisione del prof. Giorgio Fiorentini e in collaborazione con Engie Italia e Osservatorio Senior. Clicca qui per scaricare il report del progetto.
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Marco Ronchi è Senior Consultant di AIMS International, società di Executive Search. In precedenza ha operato a lungo nelle Direzioni HR di aziende italiane ed internazionali.