Cosa c’era prima che ora non c’é più
La storia di: Martina
Mi chiedi “cosa c’era e non c’è più?” Potrei risponderti, con Milan Kundera, l’insostenibile leggerezza dell’essere…
Se mi volto e guardo indietro in un recente passato, mi vedo sempre ragazzina, affrontare giorno per giorno l’avventura della vita, i suoi ardui problemi e le perdite più dure, con l’incoscienza e il coraggio di chi comincia a vivere, ma anche con un insospettato senso della realtà.
E, se mi domandavi “quanti anni hai?”, dovevo fare un conto alla rovescia, sottrarre due date e dirti: 68… ora invece te lo direi d’emblée: 76!
No, non sono i capelli bianchi, perché fin dai primi fili d’argento ho rinnegato le tinture per andare controcorrente e lasciare che la natura facesse il suo corso (fornendo qualche brivido orrorifico ai sostenitori del bello costi quel che costi). Non è l’insonnia che mi toglie uno dei miei grandi piaceri, dormire bene dormire a lungo. Non sono i segni del tempo che solcano i contorni degli occhi, le labbra, la gola.
Non è l’invecchiare fuori, dunque, la causa di questo cambiamento, e neanche l’invecchiare dentro, di cui sto riconoscendo i nuovi ritmi meno convulsi e soprattutto apprezzando le pause.
Tutto è cominciato quando sono tornata a casa con un ginocchio bionico, in sostituzione di quello originario, ormai fuori uso. Un intervento indispensabile per rimettermi a camminare, che, se ha avuto buoni riflessi fisici, mi ha invece istillato la devastante e deprimente sensazione di non essere più io…
Era quello il primo passo verso la mia robotizzazione? Mah. Al di là del richiamo ad Asimov, in realtà era intervenuta la consapevolezza che la mia fisicità, per funzionare, aveva bisogno di pezzi di ricambio. Non era una lesione dell’autonomia (anzi, adesso cammino molto bene), però, se prima ero sicura delle mie risorse naturali, ora la vicenda diventava complessa: infatti, dovevo scendere a compromessi tra me e la tecnologia, indispensabili alla qualità della vita.
E allora, meglio tardi che mai, mi sono chiesta chi fossi davvero, ho fatto una salutare analisi sullo stato dell’Unione (la mia). Una salutare analisi, che mi ha reso consapevole di tutte le frecce al mio arco, più numerose di quante non fossi disponibile ad ammettere.
E alla fine mi sono accorta di essere risalita di qualche grado nella mia personale autostima.
È così che sono cominciati tutti quei “no” a chi, fidando sul mio esasperato senso del dovere e sulla facilità a dire “capisco” e “mi adeguo”, dava per scontata la mia collaborazione. Ho perfino rinunciato a qualcosa che mi piaceva molto fare, e che ora mi manca, ma ho guadagnato una diversa serenità e consapevolezza, dura come il titanio. Che non è poco.