Muoversi nella sharing economy

Airbnb, Uber e altri servizi in condivisione, interessanti anche per i senior.

Negli ultimi tempi il fenomeno della sharing economy è stato oggetto di un’attenzione crescente da parte dei mass media italiani. Il caso di Uber, in particolare, ha attirato molto interesse anche perché ha dato luogo a un acceso conflitto tra taxisti regolari, dotati di licenza, e taxisti Uber, più o meno improvvisati. La faccenda è al momento congelata per via dello stop alle attività di Uber decretato nel giugno 2015 dal Tribunale di Milano. Ma non si parla solo di questo: anche il nome Airbnb ricorre sempre più frequentemente nelle cronache e nei reportage di viaggio. Di che si tratta esattamente? Quanto importanti sono queste nuove attività? E cosa ha da offrire di utile e diverso la sharing economy al comune cittadino e in specifico ai senior?

Anzitutto occorre una breve definizione. Sharing economy si traduce di solito come “economia della condivisione” o “economia collaborativa”. In pratica è un nuovo modello di economia basato su imprese che, anziché vendere i loro beni o servizi alla consueta maniera, favoriscono la possibilità che le persone utilizzino cose che hanno già (come una casa o un’auto), entrando in una logica imprenditoriale e traendone un guadagno; e che i consumatori noleggino questi servizi dai loro pari, anziché noleggiare o comprare da un’impresa a costi più elevati. Tutte queste transazioni di tipo nuovo sono rese possibili da app e strumenti digitali in continuo miglioramento, usati oggi da un numero crescente di persone.

Chi ha trascorso qualche giorno in una casa del network Airbnb sa bene come funziona: si va sul sito di Airbnb, si sceglie una fra le molte abitazioni offerte da privati nella località dove si vuole andare, e si prenota un soggiorno a costi spesso molto inferiori a quelli di un albergo. Un vantaggio ulteriore è quello di trovarsi poi in una casa che ha tutte le caratteristiche di un ambiente meno neutro e più familiare. Nel caso di Uber, invece, si usa la app sul proprio smartphone per cercare e trovare rapidamente un’auto con conducente privato. Le condizioni per diventare un taxista Uber sono molto meno restrittive di quelle necessarie per ottenere una licenza, quindi moltissime persone che posseggono un’auto hanno modo di ricavarne una piccola (o non così piccola) fonte di redito. Al tempo stesso, come tipico dell’economia condivisa, dopo ogni corsa autisti e passeggeri possono commentarsi a vicenda e assegnarsi un voto sul sito. Questo migliora di molto la qualità del servizio giacché gli autisti, esposti a continui feedback, sono stimolati a essere gentili e a prendere cura sia della loro auto che delle necessità dei loro passeggeri.

Quanto grande è questo fenomeno? Partite da piccole imprese, oggi Airbnb e Uber sono già enormi. Dal suo lancio nel 2008, Airbnb è cresciuta fino a essere in grado di gestire nel 2013 oltre 12 milioni di notti prenotate, più di qualunque catena alberghiera al mondo. Mentre Uber, per quanto osteggiata, è attualmente presente in 58 paesi e 300 città nel mondo, e a fine 2015 ha raggiunto una quotazione di mercato di ben 62 miliardi di dollari.

In breve, queste nuove realtà, che si avvalgono di tutte le opportunità offerte dalla rivoluzione digitale, sono qui per restare. E la tendenza riguarda molto di più delle due imprese che abbiamo citato. Non sapete dove lasciare il vostro cane alla prossima vacanza? Cercate una delle numerose micro-imprese di dog-sitter che stanno spuntando come funghi anche in Italia, seguendo l’esempio dell’americana DogVacay. Persone come voi, amanti dei cani, si prenderanno cura anche del vostro per una spesa molto inferiore a quella di una pensione e in un contesto per vari aspetti migliore. Al contempo, per vedere l’altro lato della medaglia, considerate che queste persone probabilmente hanno trovato, grazie alla sharing economy, la possibilità di svolgere un’attività a loro congegnale, sfuggendo alla penuria di occasioni di lavoro nell’economia tradizionale.

Come tutto ciò può riguardare i senior? Se non si hanno prevenzioni a utilizzare strumenti digitali, dal computer allo smartphone, non c’è nessun motivo per cui i molti vantaggi offerti dalla sharing economy non possano estendersi anche a chi ha qualche anno di più. Certo occorre avere la disponibilità mentale ad accettare servizi un filo meno impeccabili e più “alla buona” di quelli tradizionali: un appartamento lasciato libero per un mese da chi lo abita per renderlo disponibile su AirBnb può non essere esattamente come il Marriott. Bisogna poi mettere nel conto qualche piccolo rischio legato alla minore (o assente) regolamentazione legale di questi nuovi servizi. Ma la convenienza economica c’è. E il valore dei rapporti umani che queste forme di condivisione spesso implicano riporta indietro nel tempo; e può evocare anche ai senior un’altra maniera di stare al mondo, quella delle generazioni precedenti, di cui tutti possono avere nostalgia.

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Esperto di comunicazione e storytelling, collabora con OpenKnowledge (Milano) nello sviluppo di contenuti digitali. Dirige Alphabet Research, è membro del Semiotic Thinking Group, fa parte del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Storytelling (Università di Pavia) ed è membro dell’Advisory Board dell’Osservatorio Branded Entertainment (Roma).

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