Far volontariato da senior
Il duplice rapporto, specie per le donne, tra volontariato e inserimento sociale.
Le Indagini Multiscopo Istat, oltre a rilevare le principali caratteristiche sociali e familiari dei soggetti, ci danno informazioni interessanti sui loro comportamenti e sui loro stili di vita.
Il tema su cui mi soffermerò in questa nota riguarda la partecipazione ad attività di volontariato.
A tale fine utilizzerò i dati dell’ultima indagine disponibile, effettuata nel 2016, coinvolgendo 43.360 soggetti, di cui 5.717 in età 55-64 anni.
Il primo aspetto interessante è l’elevata percentuale (circa il 10%) di soggetti che dichiarano di aver svolto, nel corso dell’ultimo anno, una qualche attività gratuita a favore di un’associazione di volontariato. Si tratta di una percentuale decisamente maggiore di quella, pari al 3-4%, rilevata nell’Indagine del 2013; tuttavia, se si considera che l’unità temporale utilizzata nel 2016 è stata quella annuale, anziché le ultime quattro settimane utilizzate nel 2013, i due dati appaiono decisamente compatibili tra loro.
Vale a dire che è ragionevole ipotizzare che al 3-4% di persone che svolgono attività di volontariato in modo continuativo e sistematico, si affianchi un altro 6-7% che le svolgono in modo più sporadico, ma non per questo meno significativo.
Consideriamo ora quali sono le classi di età più coinvolte e se vi siano rilevanti differenze nella partecipazione maschile e femminile.
Il grafico n.1, evidenzia una partecipazione molto elevata – specie per le donne – in età molto giovane, un assestamento, del tutto simile per uomini e donne nelle età adulte, una ripresa, specie per gli uomini, proprio tra i 55 e i 64 anni, una leggera decrescita tra i 65 e i 74 anni e una decisa contrazione nelle età successive.
Grafico n.1 Percentuale di soggetti che dichiarano di aver svolto, nell’ultimo anno, attività gratuite per un’associazione di volontariato
Vale a dire che le età tardo adulte, tra i 55 e i 64 anni, sono quelle più coinvolte – subito dopo i giovani – in tali attività e che tale coinvolgimento è maggiore proprio tra gli uomini. Diventa quindi particolarmente interessante soffermarsi su di esse.
Scontato il fatto che, sia per gli uomini che per le donne, il tasso di partecipazione aumenti tra chi ha buone condizioni di salute, è più interessante notare da un lato che esso è maggiore nelle regioni del nord (circa il 18% contro l’8% del Sud) e tra chi ha un più elevato livello di scolarità (la partecipazione sale dal 5-6% di chi ha al massimo la licenza elementare, al 20% dei laureati), dall’altro che è del tutto analogo per chi è ancora inserito nel mondo del lavoro, per chi è in pensione e, tra le donne, per le casalinghe.
Nello stesso tempo, si nota una relazione molto forte sia con la partecipazione ad altre associazioni e ad attività politiche, sia con un’assidua frequenza ad attività religiose. In modo inaspettato, però, la prima relazione è maggiore per le donne (in questi casi, il tasso di partecipazione supera il 50% contro il 30% degli uomini), la seconda lo è per gli uomini (col 40% contro il 30% delle donne in analoga condizione).
Infine, si rileva, in misura abbastanza simile per donne e uomini, una relazione molto forte tra il fare volontariato e la soddisfazione del proprio tempo libero e dei rapporti amicali: la partecipazione sale dal 3% circa di chi non è per nulla soddisfatto di tali rapporti, al 16-20% di chi lo è molto. Quasi nulla è, invece, per tutti, la relazione con la valutazione delle proprie relazioni familiari.
Nel loro insieme, questi dati suggeriscono diverse considerazioni.
La prima è che, così come non è detto che col pensionamento si cominci a leggere, ad andare al cinema, o a vedere gli amici, se non si è fatto da adulti, non è detto nemmeno che si cominci a fare attività per gli ‘altri’– semmai ci si rende disponibili (esattamente come per la lettura o le relazioni amicali) a dedicarvi più tempo.
La seconda è che la disponibilità al volontariato aumenta nei soggetti che hanno modelli identitari più aperti ad una dimensione sociale e meno centrati sulla stretta appartenenza familiare/parentale, quando cioè essi si pongono in una logica di ‘comunità’ e di cittadinanza sociale.
La terza è che i dati rovesciano molti luoghi comuni circa una maggior predisposizione femminile al volontariato. Certo, le sessantenni tendono ad essere maggiormente coinvolte, come rimarcato anche in note precedenti, nel lavoro di cura sia verso i nipoti che verso i genitori molto anziani e, spesso, non autosufficienti. Tuttavia una lettura che riconduca la minor partecipazione delle donne al volontariato solo alla loro oggettiva minor disponibilità di tempo per il ‘sociale’ risulta decisamente insoddisfacente. Ci sembra quindi interessante proporre, integrativa a questa, un’altra chiave di lettura che rimanda al fatto che l’attività di volontariato presuppone, di norma, un preesistente inserimento nelle relazioni sociali: spesso si fa volontariato in un’associazione perché i propri amici/conoscenti, che lo fanno già, incoraggiano tale scelta. Ed è da questo punto di vista che le donne risultano strutturalmente svantaggiate rispetto agli uomini: non solo, già nella vita adulta, sono più gravate da incombenze domestiche che riducono il loro tempo ‘libero’, ma, specie se casalinghe, sono meno coinvolte in ambiti di socialità collettiva.
Tale lettura ci sembra trovi conferma proprio nei dati sopra citati che indicano una relazione positiva tra il fare volontariato, partecipare ad altre associazioni ed essere soddisfatti dei propri rapporti amicali. Certo, il volontariato, proprio in quanto attività collettiva, incrementa la propria rete sociale e la possibilità di instaurare relazioni significative – con gli altri volontari, ed anche con i soggetti con cui si opera, ma è anche vero che, tendenzialmente, si è disponibili a supportare gli ‘altri’ solo se si è socialmente inseriti e ci si sente supportati.
Vale a dire che, come recita un fortunato slogan ‘far del bene, fa bene’, le associazioni di volontariato dovrebbero porsi l’obiettivo di sostenere e incoraggiare la partecipazione alle loro attività anche evidenziando il loro essere ambito non solo di solidarietà e di impegno, ma anche di nuovi rapporti e di nuove forme di socialità.
Carla Facchini è Presidente dell'Associazione Nestore, già Professore Ordinario di Sociologia della Famiglia, Universita Milano Bicocca.
Il volontariato in terza età vale se orari e condizioni dell’offerta restano flessibili nei tempi e nei modi . E’ evidente che l’opera di volontariato deve essere confacente alla qualità e quantità del tempo offerto dal volontario che, per ogni prestazione continuativa e/o occasionale, e ogni specifica mansione, offre quella disponibilità che incoraggia e supporta nel tempo. Irrigidirsi su posizioni bigotte e/o rigidamente regolamentate infastidisce e dissuade chiunque voglia avvicinarsi a tali prestazioni .