Permesso d’uscita
La storia di: Silvia
Non esco da settimane, mia figlia e i negozi sotto casa mi portano la spesa, sono senior e, come sapete, vivo sola. E’ domenica e la mia giornalaia, che mi mette gentilmente il giornale in buca, ha il suo turno di chiusura, per cui devo andare dal giornalaio di turno, più avanti, fino alla rotonda.
Mi metto le scarpe, la giacca, i guanti in vinile, la mascherina, mi porto i soldi, l’autocertificazione, il cellulare e la macchina fotografica ed esco. E’ quasi mezzogiorno, c’è il sole e m’incammino; il viale è silenzioso e quasi deserto, vedo in lontananza un passante e automaticamente ognuno di noi cambia rotta in base alla rotta dell’altro…
Fuori dall’edicola c’è un signore che aspetta, mi metto a distanza da lui e aspetto… Il giornalaio è gentilissimo, lo ringrazio per il servizio che continua a fare. Attraverso la strada e potrei farlo senza guardare, come fanno di solito tanti senior che mi fanno imprecare, quando sono io alla guida…
Sono a due passi da mia figlia e passo da lei: il campanello è ornato da una ragnatela, suono… esce sorpreso mio genero, forse un po’ preoccupato, seguito da mia figlia e uno alla volta compaiono i miei nipoti, grandi e belli, stiamo a distanza: io al cancello e loro sul vialetto… Mi commuove vederli lì, tutti insieme, di sorpresa: sembra la scena di un film. Dopo mi rammaricherò di non averli fotografati, ma l’emozione me l’ha fatto scordare. Ci vediamo e stiamo bene grazie a Dio. Annalisa sottolinea: -Nonna, noi siamo insieme ma tu sei sola! Come va?
So che pensano a me, ma non voglio che si preoccupino… Mia figlia ha le mani infarinate, sta facendo gli gnocchi. -Mamma, te ne do per oggi!
Arriva con un contenitore in un sacchetto, lo posa sul prato, indietreggia e io avanzo per prenderlo.
Li abbraccio tutti con lo sguardo, quanto mi mancano! Eppure, non frequentarci, in questo momento, è un atto d’amore reciproco.
Torno a casa costeggiando il campo sportivo. Il viale appare deserto e gli alberi che lo costeggiano sono fioriti di bianco, la aiuole tappezzate di verde e costellate di margheritine che mi ricordano gli scorci campestri di Klimt; qualche viola, “Quelle pallide, sai, che han tanto freddo, ma spuntano lo stesso, appena sciolte l’ultime nevi”, come dice Ada Negri; qua e là le forsizie gialle sono macchie di luce; le siepi di fotinie dalle foglie rosso Rembrandt crescono spettinate: mancano i giardinieri…e tanti tanti trifogli, un quadrifoglio neanche a morire… I trifogli non si ibridano nell’epoca del coronavirus? Scatto qualche foto. I merli mi saltellano a mezzo metro, qualcuno di loro fischia immobile; una lepre guizza tra l’erba alta; gusci di piccole uova aperte sono sul marciapiede; tutto intorno è lindo e silenzioso: non un rombo d’aereo, non un passaggio d’auto, nessun umano.
Mi viene in mente un tema fatto alle elementari che aveva incantato la mia maestra, nel quale dicevo che i prati erano impazienti di ricoprirsi di verde e Fata Primavera aveva esaudito il loro desiderio; qui e oggi lo amplierei dicendo che Fata Primavera ha esaudito la Natura portandole non solo il verde ma anche il silenzio e la stasi: solo la natura è presente, con gli animali, resi più audaci dalla clausura degli umani.
Sullo sfondo le Alpi innevate e il Monviso sono custodi di questo paesaggio arcano nel quale la natura è ritornata padrona. Ma allora noi a cosa serviamo? Male che vada serviamo a cantare il mondo, inconsapevole di sé, con la voce dei poeti e degli artisti….
Sono vicina a casa ora. In un giardinetto una mamma con i suoi bambini giocano a calciare una palla gialla, li fotografo. – Siete troppo belli! – dico sorridendo alla signora.
Sono già arrivata sul viale dove abito. E’ quasi la mezza, non c’è nessuno…. Il bar, i negozi chiusi, ma come non immaginare la fila qui, davanti alla rinomata Pasticceria nelle domeniche passate?
Non so cosa darei per aspettare il mio turno anche per un solo chantilly alla panna.
Silvia Ghidinelli