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Ricerche

Più fragili dopo la tempesta?

I risultati di una ricerca sugli over 65 in Lombardia.

Com’è cambiata l’età “anziana” dopo quasi due anni di pandemia? Come sono cambiate le condizioni di vita, i bisogni, i desideri, le risorse su cui contare, le fragilità cui ci si trova esposti?

Per rispondere a queste domande i sindacati confederali pensionati della Lombardia hanno promosso un Osservatorio regionale sulla terza età, in collaborazione con ARS – Associazione per la Ricerca Sociale di Milano. I risultati della ricerca sono stati presentati lo scorso febbraio 2022.

Dalla ricerca è uscito un quadro netto, attraverso il quale è stato riscostruito lo stato della popolazione lombarda tra i 65 e gli 85 anni, in particolare attraverso l’analisi di vari aspetti delle condizioni di vita: lo stato di salute, il livello di socialità, le condizioni abitative, l’uso di internet, la fruizione dei servizi pubblici, le prospettive verso il futuro.

In Lombardia gli over 65 sono una fetta rilevante della popolazione: circa 2 milioni e 300.000 persone, oggi intorno al 23% dei residenti lombardi, previsti in costante crescita numerica anche negli anni a venire. Significativo anche il dato relativo all’indice di dipendenza (cioè quanti over65 ogni 100 residenti in età compresa tra i 15 e i 64 anni): nel 2000 era il 26%, oggi è al 36%, si prevede che nel 2050 arriverà intorno al 60%.

Per comprendere le condizioni di vita e le percezioni di questa popolazione sempre più numerosa, i ricercatori hanno coinvolto, tra luglio e ottobre 2021, 1024 persone tra i 65 e gli 85 anni che vivevano nella propria abitazione, attraverso un questionario strutturato online e con l’aiuto degli sportelli sindacali. Il campione intervistato era rappresentativo delle fasce di età (con une leggera sovra rappresentazione dei “giovani anziani”, come li hanno chiamati i ricercatori, cioè i 60-70enni), delle Province di residenza e della dimensione del Comune di residenza.

Per quanto riguarda lo stato di salute, solo il 15% circa degli intervistati lo definisce problematico, con problemi di autosufficienza, mentre per la larga maggioranza è o buono o discreto. Questo dato però contiene grossi differenziali: stanno molto peggio i grandi anziani (al 40%), chi vive solo, chi ha basso titolo di studio e chi vive nei Comuni grandi, con l’eccezione della città di Milano.

I livelli di autonomia sono discreti e su di essi incide molto, come prevedibile, l’età (ad esempio, se in media ha alta autonomia nel curarsi da sé l’80% degli anziani, questa percentuale diventa il 90% per i “giovani anziani” ma scende al 58% per gli over80).

Riguardo alla solitudine: quasi un terzo degli anziani vive da solo, nella metà dei casi senza nessun vicino su cui poter contare in caso di bisogno. Tre anziani su quattro escono tutti i giorni, ma 100.000 anziani lombardi sono confinati tra le mura domestiche, con importanti differenze per età e territoriali. Se questa è la condizione oggettiva, la percezione soggettiva di solitudine è che un anziano su dieci si sente spesso solo e un terzo degli intervistati ogni tanto. Anche in questo caso, differenze importanti sono state rilevate per età, stato di salute, genere (le donne di più), situazione familiare.

E anche sul tema solitudine sorprende il “caso Milano”, dove la solitudine percepita è nettamente inferiore rispetto agli altri territori. Se questo si unisce alle differenze riscontrate rispetto all’autonomia (ad esempio a Milano ha alta autonomia nell’”uscire da solo per commissioni” l’84% degli intervistati e nell’”usare i mezzi pubblici” l’81%, nei piccoli Comuni la percentuale scende rispettivamente al 66% e al 51%), allora non sembra strano che i ricercatori raccontino di un “caso Milano”.

Per quanto riguarda l’abitazione in cui si vive, 8 su 10 vivono in casa di proprietà e continuano a viverci anche quando risponde poco a nuove esigenze, sono tendenzialmente resistenti al cambiamento abitativo e anche la pandemia non ha modificato questa situazione.

La casa è vista soprattutto come “protezione”, nonostante spesso vi siano problemi di accesso all’abitazione stessa e di mobilità dentro casa: infatti, 1 su 3 rileva ostacoli (gradini, porte strette, ecc) o barriere architettoniche (assenza di ascensori, rampe, ecc). Sono soprattutto gli over 80 in stato di salute critico a rischiare l’isolamento e la solitudine dentro casa propria.

Anche il livello di connessione ad internet conferma che quella più anziana è la fascia di popolazione più fragile: si passa dall’84% dei 65-70enni collegati a internet in casa (91% tra i laureati di questa età), al 37% degli over 80 e al 35% di chi possiede solo la licenza elementare.

Infine, emerge una notevole “distanza” rispetto ai servizi e ai sostegni di cui si potrebbe godere: i servizi domiciliare e di welfare digitale sono poco conosciuti, sono poco utilizzati (si va dal 2% dei servizi di trasporto e accompagnamento al 5% per attività riabilitative e di fisioterapia), ma soprattutto stupisce che il 40% si dichiara poco interessato.

“Anziani” dunque sempre più fragili? Non si può generalizzare. Se non si distinguono i senior 60-70enni ancora autonomi dagli anziani over80, che magari vivono soli, in precarie condizioni di salute, in abitazioni poco adatte, con scarse risorse economiche e culturali, diventa difficile rappresentare la fragilità e fuorviante indicarla genericamente come condizione degli “anziani”.

Foto di Victor L. da Pexels

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