Yehudi Menhuin, un ritratto di famiglia
di Tony Palmer su Netflix, documentario (1991)
I documentari hanno spesso, giustamente, una brutta fama. Li associamo a lezioni colte, fatte da cattedratici noiosi e pedanti.
Invece i tempi sono cambiati e registi esperti sanno dare ritmo a collage di foto, video musicali e interviste. Ovviamente ci vuole una bella storia.
Quella di Yehudi Menuhin è decisamente interessante. Ed ha il sapore di uno scavo archeologico perché il documentario è stato girato più di 30 anni fa, con lui in attività e anche con la presenza di alcuni dei suoi famigliari che sono stati testimoni degli eventi raccontati.
L’artista, ebreo russo, ha una lunga vita che attraversa il secolo, essendo nato nel 1916 e morto nel 1999, alle soglie del 2000. Di origine statunitense, visse in Inghilterra e, negli ultimi anni, in Svizzera, dopo aver svolto concerti in tutto il mondo. Le sue vicende sono anche uno spaccato di storia del 1900.
Inizia a suonare da bambino a 4 anni. Ed è interessante la scelta della musica di allora che procede in ordine alfabetico: Bach, Beethoven, Brahms. E fanno tenerezza le sue foto, che il regista mescola con video più recenti già a colori in cui dirige un’orchestra o insegna a suonare il violino. Che in futuro sarà un prezioso Soil Stradivarius.
Come ebreo è sconvolto dall’Olocausto e suona per i sopravvissuti dei campi di concentramento.
Ha avuto due mogli. Due figli dalla prima e due dalla seconda. Diana Gould, la seconda, è morta nel 1999 e per questo di lei resta qualche intervista.
L’interesse del documentario sta nella vicenda, nei bellissimi brani di musica, ma soprattutto nelle interviste. Le intervistate sono le donne della sua vita. Tutte senior.
La madre, incredibilmente lucida, potrebbe avere 90 anni quando è stata ripresa. Molte interviste riguardano la figlia, forse nata dal secondo matrimonio, che è molto utile nel ricostruire la situazione famigliare. Allo stesso modo un figlio aggiunge elementi alla storia. Pure lui violinista, si esibisce in un gruppo di musica popolare che il padre non disdegna.
Insomma, il documentario è così ricco di elementi di interesse, una biografia particolare, musica bellissima e interviste a senior davvero memorabili. Sappiamo per esperienza che non è facile dialogare con persone anziane. Spesso loro vogliono condurre il discorso dove piace a loro ed è difficile ottenere risposte. Qui il regista fa miracoli e ci chiediamo se i famigliari di artisti famosi sono persone speciali. O se il regista è riuscito a fare un abile lavoro di copia e incolla dopo interviste ben più lunghe. Inutile ripetere che in un film o in un documentario la regia è tutto.
Un video straordinario che unisce il piacere della cultura alla gioia della musica. Da non perdere.
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Foto “Yehudi Menuhin visit to Israel” da Wikipedia, Boris Carmi, Meitar collection, National Library of Israel, CC BY 4.0
Wally Festini Harris è nata e vive a Milano. Già psicoterapeuta e professore universitario, ora si dedica alla scrittura. E' autrice, tra gli altri, dei saggi, "Ricomincio da 50" (2009) e "Ricomincio da 60" (2015).