Invecchiando si diventa più distratti ?
… o é solo uno stereotipo ? Vi è mai capitato di leggere alcuni paragrafi di un libro o un giornale e di dovervi bloccare perché vi rendete conto che il pensiero era altrove e non avete colto il senso del testo? Questo evento rispecchia un fenomeno chiamato mind wandering, ossia uno spostamento dell’attenzione dall’attività che si sta svolgendo a sensazioni interne o a pensieri e preoccupazioni personali.
Nonostante il mind wandering sia molto comune (secondo alcune ricerche caratterizza il 25% e il 50% della nostra giornata), ci sono circostanze in cui può essere controproducente. Si tratta di tutte quelle situazioni in cui il compito che stiamo svolgendo richiede gran parte della nostra attenzione ma la nostra mente continua ad andare altrove. In questi casi possiamo incorrere in fallimenti cognitivi con conseguenze che vanno dall’esilarante al drammatico e che, in generale, possono aumentare lo stress psicologico.
Si è visto come all’aumentare dell’età aumenti il numero di persone che attribuiscono questi fallimenti cognitivi all’invecchiamento, ritenendo che esso porti, in accordo con lo stereotipo, a ineluttabili deficit cognitivi. Tale condizione viene spesso ritenuta immodificabile, di conseguenza la persona che invecchia potrebbe essere sempre più propensa ad evitare di svolgere attività impegnative.
Ma è proprio così o con l’andare degli anni tendiamo a dare maggior peso a piccole o grandi distrazioni che ci hanno accompagnato per gran parte della vita?
Tutti gli studi che hanno indagato il mind wandering nell’invecchiamento sembrano sostenere la seconda ipotesi. Con l’aumentare dell’età, infatti, si assiste ad una diminuzione di questo fenomeno.
Ciò è probabilmente attribuibile alle migliori capacità di regolazione emotiva che caratterizzano l’età adulta avanzata e che portano ad affrontare i problemi della vita senza affollare la mente con preoccupazioni eccessive. Inoltre pur avendo meno risorse attentive rispetto ai giovani, con l’avanzare dell’età si riesce ad utilizzarle meglio, focalizzandole sul compito da svolgere senza lasciarsi distrarre.
Per cui se dopo i 60 anni ci capitasse di entrare in una stanza e non ricordare più cosa dovevamo fare, prima di pensare che è l’inizio della fine, prestiamo più attenzione a tutte le volte che i giovani della nostra famiglia sembrano avere proprio la testa tra le nuvole.
Questo articolo é stato scritto da Michela Zavagnin. Psicologa, Specializzanda in Psicoterapia e Dottore di Ricerca, collabora con Lab-I, il Servizio e Laboratorio di Ricerca e Formazione in Psicologia dell’Invecchiamento dell’Università degli Studi di Padova. Da anni si occupa dello studio dei processi cognitivi nell’invecchiamento, tra cui il mind wandering, oltre a progettare e promuovere interventi di potenziamento della memoria.
Lab_I è il Servizio e Laboratorio di Ricerca e Formazione in Psicologia dell’Invecchiamento dell’Università degli Studi di Padova.