Questione di feeling… generazionale
La sfida per le imprese è far lavorare assieme generazioni diverse per un obiettivo comune.
Questione di feeling: così cantavano Cocciante e Mina nel 1985. Questione di feeling generazionale aggiungiamo noi.
Oggigiorno il dibattito sull’invecchiamento degli occupati in Italia vede schierati da un lato i sostenitori delle assunzioni di giovani e dall’altro quanti vorrebbero tutelare maggiormente l’occupazione degli over50enni.
Prima di decidere per quale “fazione” schierarsi, osserviamo più da vicino quello che dicono i numeri sull’occupazione del Bel Paese, focalizzando l’attenzione sulla struttura per età.
Nel 2016 il mercato del lavoro italiano impiegava oltre 22 milioni di occupati tra i 15 e i 64 anni, un dato pressoché in linea con il 2006. Ma questa apparente stabilità nasconde differenti dinamiche per età: infatti, mentre gli occupati tra i 15 e i 34 anni sono diminuiti del 31%, la fascia 55-64 anni è aumentata del 71%. Alla luce di questi dati emerge un mercato del lavoro che, anche a seguito delle riforme previdenziali, vede la presenza sempre più rilevante di over50enni.
L’invecchiamento della forza lavoro trova conferma anche nei dati sul tasso di occupazione, in Italia pari al 57,2% nel 2016, sintesi della minore occupazione nelle fasce più giovani (39,9% tra i 15 e i 34 anni, in riduzione del 22% dal 2006) e della maggiore partecipazione al mercato del lavoro da parte dei lavoratori senior (50,3% tra i 55 e i 64 anni, in crescita del 55% dal 2006).
Dai dati, dunque, leggiamo un innalzamento dell’età media degli occupati, non solo per questioni demografiche ma anche per uno svantaggio occupazionale per età che si traduce in minori opportunità per le fasce più giovanili.
Non solo: il futuro demografico del Paese, secondo le ultime previsioni Istat, è caratterizzato da una riduzione del peso relativo della popolazione in età attiva (64,3% la quota di popolazione 15-64enne nel 2016, in discesa al 54,8% nel 2065) che, oltre a diminuire, invecchia: il processo è in corso e non si prevede una battuta d’arresto.
Tornando alla domanda iniziale, dobbiamo privilegiare le assunzioni di giovani o quelle degli over50enni? Oggigiorno lavorano, fianco a fianco, generazioni diverse[1], così come le ha descritte l’Istat: la Generazione dell’impegno (i nati dal 1946 al 1955), la Generazione dell’identità (i nati dal 1956 al 1965) e la Generazione di transizione (i nati dal 1966 al 1980). Le imprese hanno bisogno di poter creare il giusto mix tra coorti, individuandone i diversi fabbisogni formativi, le competenze da maturare e quelle già in possesso da valorizzare. Dalla coesistenza di generazioni diverse possono nascere contrasti, percorsi professionali che proseguono distinti gli uni dagli altri su linee parallele che mai si incontrano. Oppure può crescere il valore aggiunto grazie alla combinazione delle capacità digitali e innovative, tipiche dei più giovani, e le competenze trasversali costruite in tanti anni di lavoro da parte dei senior.
Per questo motivo, le brevi considerazioni appena presentate ci portano a riformulare il quesito iniziale, chiedendosi non quale collettivo privilegiare ma come integrare le generazioni per renderle alleate e non avversarie, per creare un feeling generazionale.
[1] Istat, Rapporto annuale del Paese – 2016. L’Istat considera anche una quarta generazione, la Generazione della ricostruzione (i nati dal 1926 al 1945
Collaboratrice del Centro di ricerca "Laboratorio di statistica applicata alle decisioni economico aziendali", Università Cattolica del Sacro Cuore.