La motivazione sul lavoro

Il tema della motivazione sul lavoro è molto ampio e complesso, ed è stato trattato da molti specialisti in modi diversi e da differenti punti di vista.

Per quanto ci riguarda cercheremo di affrontarlo in modo semplice e diretto, ponendoci le seguenti domande: cosa ci consente di lavorare, e di continuare a farlo per molti anni, mantenendo un adeguato livello di soddisfazione e di energia?

Cosa ci aiuta a svegliarci tutte le mattine e ad affrontare la giornata lavorativa con umore positivo? Cosa ci fa arrivare a sera con la convinzione di non aver buttato via il nostro tempo e la nostra giornata, provando anzi una sensazione di realizzazione e di benessere generale?

Riflettere sul tema e farsi le domande di cui sopra è importante per chiunque, ma forse ancor più per i lavoratori senior, che possono andare incontro, col passare degli anni, a sempre maggiori difficoltà nel trovare le giuste motivazioni e nel mantenere il necessario entusiasmo per affrontare ogni nuova giornata lavorativa.

Le possibili spinte motivazionali

Le risposte alle nostre domande possono essere numerose, e cambiano certamente da persona a persona.

C’è chi tende soprattutto ad appassionarsi ai contenuti professionali del proprio ruolo, chi aspira ad assumere responsabilità sempre crescenti, chi invece prova soddisfazione nel raggiungere un certo status e nel vederlo riconosciuto dagli altri.

Altre ragioni di motivazione possono essere la possibilità di intrattenere relazioni soddisfacenti con i colleghi, l’opportunità di operare in un contesto sereno, collaborativo e stimolante, una retribuzione importante e crescente nel tempo.

Il mix di motivazioni

Ogni individuo può naturalmente avere nello stesso momento più motivazioni, alcune più sentite, altre meno, e nel corso della vita di ciascuno vi sono solitamente delle evoluzioni, che portano a modificare il mix di motivazioni che ci guidano.

Ad esempio, è più facile che, in giovane età, sia presente l’aspirazione a fare carriera, e dunque a ricoprire ruoli di sempre maggiore responsabilità, fattore che si attenua nel tempo o perché sono stati raggiunti gli obiettivi che ci si era prefissati, o perché ci si rende conto, al contrario, che non sono realizzabili. A questo punto possono subentrare altre leve motivazionali, che sostituiscono in tutto o in parte quelle precedenti.

Le motivazioni “estrinseche”

Vorremmo indicare come “estrinseche” le motivazioni di cui abbiamo fino ad ora parlato. Sono cioè fattori che dipendono, in parte o in tutto, da condizioni esterne a noi, e che possiamo dunque condizionare solo in parte, o a volte per nulla.

Facciamo l’esempio della carriera: per quanto possiamo sforzarci di perseguirla, impegnando energie, tempo e capacità, possono sempre e comunque presentarsi circostanze che rendono vani i nostri sforzi e ci conducono a sperimentare cocenti delusioni.

Può essere preferita a noi per una promozione un’altra persona semplicemente perché ha migliori relazioni con il nostro capo, o perché è ben vista dal management aziendale, o perché gode di migliori raccomandazioni; o, più semplicemente, perché vale più di noi. Un aumento di stipendio può sfumare a causa di una crisi aziendale, o perché cambiano le strategie dell’organizzazione e si è costretti a tagliare i costi.

Le motivazioni “intrinseche”

Un’indicazione che ci sentiamo dunque di offrire a tutti, ma che risulta probabilmente più efficace e percorribile per i lavoratori senior, grazie alla loro maturità emotiva, alla loro esperienza e alla loro migliore consapevolezza, è quella di puntare su ciò che chiameremo “motivazione intrinseca”.

Si tratta di una serie di circostanze che possono offrirci il senso di ciò che facciamo, e consentirci dunque di ottenere soddisfazione e senso di benessere, facendo leva però su elementi che non sono esterni a noi, ma provengono dalla nostra interiorità e dalle nostre più intime convinzioni.

Il lavoro ben fatto

Proviamo a spiegare ciò a cui ci riferiamo facendo uso delle parole di Charles Peguy, poeta e scrittore francese vissuto a cavallo del 1900. Prendendo ad esempio il lavoro dell’artigiano che realizza sedie (la madre era un’impagliatrice di sedie) egli afferma che un tempo “la gamba di una sedia doveva essere ben fatta”.

E aggiunge: “Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura”.

E va persino oltre: “ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano. Secondo lo stesso principio delle cattedrali”.

Etica del lavoro

Si tratta di un’etica del lavoro che tende sempre più a scomparire, e che deve invece, a nostro avviso, essere recuperata. Non si tratta di rinunciare a fissarsi obiettivi di carriera, o a sperare di godere di condizioni positive dell’ambiente di lavoro, o di ottenere una buona retribuzione.

Tutto questo però non basta e, ad un livello più profondo, deve essere sorretto dalla soddisfazione che offre il fare le cose e farle bene.

Da questo punto di vista, non ha importanza quanto ciò che facciamo sia importante: realizzare una sedia, costruire una cattedrale, preparare il budget o accogliere la clientela di un negozio sono tutte forme valide ed efficaci di realizzazione personale, e dunque di motivazione, se sono fatte al meglio.

Usando ancora le parole di Peguy, le cose “dobbiamo farle, e farle bene, per noi stessi e perché così possiamo lasciare, per quanto piccolo, un segno del nostro operare”.

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Foto di Andrea Piacquadio da Pexels

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Marco Ronchi è Senior Consultant di AIMS International, società di Executive Search. In precedenza ha operato a lungo nelle Direzioni HR di aziende italiane ed internazionali.

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