Valorizzare i volontari senior
Un vademecum insegna come: intervista a Stefano Martello di Cesvot Centro Servizi per il Volontariato Toscana
Su Osservatorio Senior abbiamo parlato spesso del ruolo dei Volontari Senior nella vita delle non profit italiane e della valorizzazione del loro operato. Oggi in aiuto alle realtà associative che vogliono percorrere la via di questa virtuosa riflessione, arriva una nuova pubblicazione gratuita e liberamente scaricabile, un testo d’approfondimento edito da CESVOT Centro Servizi per il Volontariato Toscana.
Un testo di facile lettura, ben scritto, che cattura l’attenzione del lettore, anche grazie ad un gioco di “riflessione intergenerazionale” tra i due autori, Stefano Martello e Sergio Zicari, che pur rappresentando un rodato duo editoriale molto conosciuto per aver curato oltre dieci volumi sui temi della comunicazione integrata, qui è stato capace di contrapporsi costruttivamente in un continuo confronto/dialogo tra le loro due generazioni, quella dei quarantenni e quella dei sessantenni.
Ma quali sono realmente gli errori che le non profit italiane compiono nel relazionarsi con i Volontari Senior? “Più che di errori o di pregiudizi credo che si tratti di miopia e inconsapevolezza – afferma Martello – d’altronde, il Volontario Senior, per le stesse caratteristiche che lo contraddistinguono, è un “ospite scomodo”: nel momento in cui decide di prestare attività di Volontariato non ha sovrastrutture motivazionali (come accade, per esempio, nel Volontario junior che spesso nel Volontariato vede la possibilità di mettere alla prova ciò che ha imparato sui banchi di scuola o all’università) e, proprio per questo, valuta attentamente la qualità del lavoro dell’associazione, sia in termini gestionali che di risultato. Queste stesse caratteristiche si scontrano naturalmente con un modello di reclutamento e di gestione quotidiana ancora troppo quantitativo; ancora troppo influenzato dalla contingenza del presente e poco interessato ad un potenziale investimento nel futuro. Ed è proprio per questo che oggi è fondamentale riportare l’attenzione sui vantaggi concreti, per poter iniziare a cambiare un modello che appare quasi incancrenito. O che, forse, poteva funzionare in una cornice ideologica ma non certo nell’attuale.
Un apporto, quello dei Volontari Senior, che è prezioso perché radicato nella vita vissuta: “Certamente, il Volontario Senior ha generalmente già percorso un buon tratto di strada; ha già conosciuto l’ebbrezza della vittoria e la paura della caduta e sa che entrambe sono transitorie. L’aver già conosciuto tanta vita lo pone in una condizione privilegiata di affiancamento per i tanti Volontari junior, soprattutto in un momento storico in cui la gavetta ha lasciato sempre più spazio a percorsi di accreditamento veloci quanto quantitativi, a prescindere dall’ambito d’azione”.
Ma allora il dialogo tra generazioni non è proprio più una questione di “ci penseremo”, ma una questione di cocente attualità per il benessere delle non profit? “Si tratta di un processo di cambiamento estremamente complesso, che dunque necessita di una analisi altrettanto complessa. Per esempio, siamo ancora poco abituati alla gestione del Volontario nella quotidianità, ritenendo che oramai sia dentro e che non abbia più bisogno di alcun aiuto. Se questo è negativo per il Volontario junior, è assolutamente deleterio per quello Senior. Ancora prima di favorire un dialogo bidirezionale tra le due fasce interne, dobbiamo risolvere questo problema che comporta un abbassamento sostanziale delle percentuali di fidelizzazione con un conseguente turn over che penalizza non solo il criterio organizzativo ma anche quello operativo.
Proprio perché di fronte ad una situazione cristallizzata, non ci possiamo più permettere soluzioni di tamponamento ma dobbiamo inserire il tema del dialogo intergenerazionale tra le priorità del settore, e in una cornice d’azione più ampia che tenga conto della diffidenza dei Volontari Junior nei confronti di quelli Senior, per esempio, o anche delle diffidenze dei Senior nei confronti di un ambito che, ammettiamolo, non ha saputo interpretare correttamente i cambiamenti in atto indugiando in una staticità quasi protezionistica”.
Ovviamente questo Quaderno edito da CESVOT parte dal territorio toscano, ma per le lettrici e i lettori di Osservatorio Senior possiamo affermare che questa sfida ha un interesse di attualità nazionale? “L’invecchiamento attivo, in Italia, è già una realtà; ne troviamo ampia traccia nelle tante ricerche che descrivono il Senior come sempre più integrato, anche rispetto a tematiche socialmente rilevanti, con un forte consumo culturale e con una significativa attenzione per i nuovi strumenti tecnologici, sia pure con un approccio meno entusiasta e più pragmatico. Nel contempo non possiamo dimenticare che l’indice di vecchiaia nel nostro Paese cresce costantemente e raggiungerà i 264 anziani per 100 giovani tra poco più di trenta anni. Questo vuol dire che le logiche di invecchiamento attivo non sono più sufficienti. Che di fronte al sovvertimento della piramide anagrafica, occorre “richiamare in servizio” quegli stessi Senior, in una logica di invecchiamento proattivo. In questa direzione, il Terzo Settore rappresenta lo spazio d’azione ideale, vuoi per l’ampio capitale valoriale di fiducia che ha saputo costruire nel tempo, vuoi anche per l’ampia trasversalità delle tematiche di riferimento che rappresenta. Ma un punto di partenza promettente non può comunque prescindere da un momento di pianificazione e attuazione oggi ancora molto deboli e isolati. Perché sicuramente, peggio di una mancata risposta a tali temi sarebbe una risposta parziale che potrebbe compromettere anche ciò che di buono è stato già fatto”.
Niente da imputare ai Volontari Senior in termini di errori nell’atteggiamento con il quale si avvicinano alle realtà di Volontariato del territorio? “Più che di errori parlerei di timori, di non essere ascoltato, di non avere la possibilità di condividere le proprie esperienze/competenze e, più in generale, di togliere tempo ai propri affetti o alle proprie passioni. Ma questi timori, nel contempo, rappresentano anche un punto di partenza promettente per poter calibrare un clima relazionale che riesca ad intercettare quelle istanze e quei bisogni, predisponendo per ciascuna non solo una risposta ma anche una condotta nel medio lungo termine. Qualche anno fa, con un accostamento un po’ ardito, paragonai il Terzo Settore ai quattro sopravvissuti del film Zombie (Dawn of the Dead) che, pur sapendo come combattere gli zombie che hanno invaso gli Stati Uniti; pur conoscendone le principali caratteristiche (la proverbiale lentezza, l’incapacità di agire in gruppi organizzati), scelgono volontariamente di rinchiudersi in un centro commerciale, ricreando una bolla fittizia di civiltà e di sicurezza. Fin da quando vidi il film per la prima volta – conclude Stefano Martello – mi sono sempre chiesto come siamo riusciti a perdere, e me lo chiedo anche ora di fronte ai tentennamenti di un ambito che gode della fiducia trasversale di tutte le fasce di popolazione. Ritornando al tema, qualcuno, nel corso delle tante discussioni fatte prima della stesura di questo testo, ha fatto notare come il problema riguardi il mantenimento dello status quo, con senior che male si adattano ai tanti cambiamenti. Non credo sia così, sia perché non credo nelle generalizzazioni sia perché è emerso, in capo agli stessi senior, un sentimento relazionale più flessibile, più aperto ai cambiamenti e al dialogo. Direi, quindi, che non abbiamo più molte scuse”.
Francesco Bizzini, responsabile ufficio stampa CSV Milano – Centro di Servizio per il Volontariato Città Metropolitana di Milano.