Quando si perde l’appetito

Riconoscere, capire ed affrontare l’inappetenza.

L’inappetenza è un problema che spesso si manifesta con l’avanzare dell’età, interessando oltre il 20% delle persone anziane, con tassi più elevati nelle donne, tra gli ospiti di Residenze Sanitarie Assistenziali e nei pazienti ospedalizzati.

L’inappetenza può essere combattuta applicando alcune strategie volte a stimolare l’appetito e promuovere l’assunzione di cibo, ma occorre anche capire quali sono le possibili cause che la sottendono.

Perché diminuisce il desiderio di mangiare?

Se in generale nella terza età il fabbisogno in termini di calorie tende a ridursi (poiché si consuma meno energia) e diminuisce la massa magra, la perdita di appetito vera e propria può dipendere da diversi fattori, alcuni dei quali fisiologici.

Si stima che circa un terzo delle persone di età superiore ai 65 anni sperimenti una ridotta produzione di saliva, con conseguente secchezza della bocca. Inoltre, le alterazioni di gusto e olfatto, possibile effetto collaterale di alcuni farmaci o della malattia da Covid-19, sono direttamente connesse alla riduzione del desiderio di cibo, così come i disturbi della vista e dell’udito, che impattano anche sull’aspetto conviviale del pasto.

Se presenti, la disfagia, l’edentulia o l’utilizzo di protesi non corrette costringono gli anziani a modificare le loro necessità alimentari e possono imporre un regime alimentare ad hoc.

In aggiunta, il dolore cronico e la costipazione possono essere cause di inappetenza; si tratta di un problema epidemiologicamente molto rilevante poiché queste due condizioni possono interessare anche un anziano ogni due tra coloro che vivono a domicilio.

Talvolta, tuttavia, predominano fattori psicosociali come solitudine e depressione: la prospettiva di consumare il pasto da soli, infatti, può spingere la persona a non mangiare affatto. In molti casi, poi, sia per questioni di natura economica che di altra natura, anche il fare la spesa può rivelarsi problematico inducendo la persona anziana ad accontentarsi di pasti frugali o preparati e conservati in modo approssimativo.

Quali sono i rischi connessi?

La perdita protratta del senso di fame porta con sé il rischio di carenze nutrizionali importanti. L’inappetenza può essere infatti causa di malnutrizione proteico-energetica, calo ponderale, debolezza e perdita di tono muscolare, fragilità ossea, compromissione del sistema immunitario e, nel complesso, di un’aumentata vulnerabilità ad eventi clinici avversi.

Tra gli aspetti da non sottovalutare c’è poi la disidratazione, problema spesso presente in chi tende a mangiare poco.

Come stimolare l’appetito?

In generale, è bene programmare pasti leggeri e frequenti: almeno tre principali nell’arco della giornata, con particolare attenzione alla prima colazione, e due spuntini. Un’altra buona norma è seguire una dieta il più possibile varia, cercando di aumentare le quantità delle sostanze nutrienti senza eccedere nelle porzioni. Occorre poi prestare attenzione alla temperatura del cibo: se un pasto troppo caldo aumenta il rischio di ustioni, uno troppo freddo riduce invece la palatabilità degli alimenti.

Ulteriori provvedimenti poi possono essere mirati alla risoluzione del problema riscontrato. Alla luce di questi rischi, è molto importante far sì che i pasti siano il più possibile completi, nutrienti e regolari. Inoltre, è necessario rivolgersi ad un medico nel caso non vi siano miglioramenti.

Ad esempio, se a causare l’inappetenza è la difficoltà di deglutizione, sarà importante mettere in atto alcuni accorgimenti. Essenziale è la corretta posizione del collo, specie se la persona è allettata, per ridurre il rischio di soffocamento. Per approfondire il tema è possibile consultare l’articolo Dottore, ho sentito mia mamma tossire durante il pasto…“.

Se invece la difficoltà è dovuta alla totale o parziale edentulia, è bene escludere dalla dieta gli alimenti di difficile masticazione prediligendo cibi ben cotti e morbidi.

Gli anziani con deficit sensoriali possono essere aiutati utilizzando aromi e migliorando la presentazione del piatto. Uno studio condotto dall’Università di Boston ormai una ventina di anni fa su anziani affetti da morbo di Alzheimer (“The Red Plate Study”) ha dimostrato che l’uso di stoviglie rosse, per esempio, è in grado di aumentare del 25% la quantità di cibo assunta rispetto a ciò che viene assunto utilizzando comuni piatti bianchi, a dimostrazione del fatto che gli stimoli visivi e i contrasti cromatici svolgono un ruolo rilevante nel condizionare l’appetito.

Nei casi in cui la perdita dell’appetito dell’anziano sia da attribuire a una condizione di solitudine, può essere utile, ad esempio, accompagnarlo a fare la spesa, coinvolgerlo nella scelta delle pietanze, renderlo parte attiva nella preparazione dei pasti e fargli compagnia mentre mangia.

In conclusione, varie sono le strategie che permettono di contrastare l’inappetenza nelle persone anziane. Da qui la necessità di porre attenzione a questo aspetto come parte integrante di una cura a 360 gradi per la promozione di un invecchiamento di successo.

Foto di Teona Swift da Pexels.

 

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Elena Pinardi è Dottoressa specializzanda in Geriatria presso l'Università Milano Bicocca.

Giuseppe Bellelli è Professore Associato di Gerontologia e Geriatria presso il Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi Milano-Bicocca. Fa parte del Consiglio Direttivo della Società italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP).

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