Può capitare di cadere…
… un evento da non sottovalutare ! Molti tra i lettori di Osservatorio Senior avranno vissuto l’esperienza di un genitore o un familiare anziano che cade. E non sempre avranno saputo il da farsi: è opportuno chiamare il 118 e accompagnare immediatamente il congiunto al pronto soccorso per escludere la presenza di fratture? È meglio verificare che la caduta non abbia compromesso la capacità di deambulare e, se così non fosse, non preoccuparsi di altro? È opportuno informare il medico di medicina generale o chiedere un consulto della guardia medica? In generale si può affermare che non esiste una risposta univoca. Ciò che tuttavia è certo, è che l’evento caduta non va sottovalutato.
La caduta è un problema frequente nelle persone anziane: in base ai dati di numerosi studi epidemiologici, essa si verifica ogni anno in circa un terzo dei soggetti ultrasessantacinquenni al domicilio, in circa la metà degli ultraottantenni e in più del 50% delle persone ricoverate in casa di riposo. Si consideri che più di un terzo delle donne incorre in una o più fratture osteoporotiche nel corso della propria vita, la maggior parte delle quali causate da una caduta. La frattura è registrata come causa di più del 50% degli ingressi in pronto soccorso per grave ferita accidentale e del 39% delle ferite fatali. Quando si verifica una frattura di femore le conseguenze sono drammatiche: circa il 15-20% dei soggetti muore entro un anno dall’evento traumatico e circa il 50% dei pazienti perde parzialmente o totalmente l’autosufficienza. In coloro nei quali non si ha la frattura, ma la caduta è stata particolarmente traumatica, si può instaurare una particolare condizione clinica (denominata post-fall syndrome o sindrome della paura di cadere) che limita significativamente l’autonomia motoria e, in taluni casi, può indurre depressione del tono dell’umore, isolamento sociale e porre le premesse per un ulteriore declino delle condizioni psichiche e motorie.
Cosa fare, dunque? Innanzitutto è necessario valutare se la persona sia caduta in precedenza. La letteratura insegna che circa la metà dei soggetti che sperimenta una caduta tenderà a cadere nuovamente nel corso dello stesso anno, aumentando in questo modo la probabilità che si verifichi una frattura di femore o vertebrale. In secondo luogo è necessario indagare in quale circostanza è avvenuta la caduta, se vi sia stata perdita di coscienza e ricercare la presenza di eventuali testimoni. In molti casi, infatti, chi cade non ricorda perfettamente la dinamica dell’evento e, soprattutto se coesistano problemi di memoria, tende a sottovalutare l’importanza dell’accaduto. Studi recenti, ad esempio, hanno dimostrato che oltre un terzo delle cadute occorse in individui affetti da deficit cognitivo sono riferibili a sincopi (e quindi a una problematica clinica grave). Successivamente dovrà essere valutata la presenza di patologie che aumentano il rischio di caduta, quali quelle cardiovascolari, il morbo di Parkinson e i parkinsonismi, le demenze, l’ipovisus (deficit della vista), l’artrosi, l’osteoporosi ed in genere tutte le patologie che determinano deficit dell’equilibrio e dell’andatura. Infine dovranno essere attentamente rivalutati i farmaci in uso, molti dei quali aumentano il rischio di cadute (soprattutto i farmaci sedativi e gli antidepressivi).
In genere le cadute avvengono per l’effetto combinato di più fattori tra quelli sopra descritti. Ciò significa che l’intervento del medico deve essere rivolto soprattutto al controllo dei vari fattori e non solo ad uno di questi, ritenuto il più probabile. Alcuni accorgimenti pratici: per quanto concerne l’ambiente domestico, sarà indicato assicurarsi che l’illuminazione sia adeguata anche la notte, ad esempio ricorrendo a spie luminose che indichino la porta del bagno o della camera. Sarà inoltre sempre opportuno rimuovere gli ostacoli ambientali (come i tappeti e i tappetini), specie se il soggetto a rischio abbia già disturbi del cammino o se utilizzi ausili per la deambulazione. Per quanto concerne gli interventi sul singolo individuo è opportuno un controllo periodico dei piedi (ad esempio assicurandosi che non vi siano callosità che limitano l’appoggio plantare) e verificare che le calzature siano idonee (senza tacco e possibilmente chiuse). Infine dovrà essere incoraggiata l’attività fisica quotidiana o almeno trisettimanale (esercizi di equilibrio, andatura e rinforzo muscolare per 20-30 minuti al giorno), combinati ad un’alimentazione adeguata e varia, comprensiva di calcio e vitamina D. Assolutamente da incoraggiare la ginnastica collettiva e l’attività fisica. Naturalmente, molti di questi consigli (come l’attività fisica o una dieta ricca di vitamina D e calcio) sono validi anche per quando si è ancora lontani dal rischio – cadute: un’adeguata alimentazione e una costante attività fisica fanno bene a tutte le età e prevengono un invecchiamento precoce!
A questo articolo ha collaborato Alessandra Anzuini, specializzanda in Geriatria, Università Milano – Bicocca.
Giuseppe Bellelli è Professore Associato di Gerontologia e Geriatria presso il Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi Milano-Bicocca. Fa parte del Consiglio Direttivo della Società italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP).
trovo difficile apprezzare ” da sola ” in casa l’esercizio fisico, purtroppo le mie coetanee non mi vengono a trovare per queste pratiche e tantomeno in questa emergenza sanitaria che ha aggravato i rapporti interpersonali di noi settantenni già abbastanza compromessi dai vari acciacchi fisici e a volte anche mentali . Ho scarse possibilità quotidiane di relazionarmi ai miei ” cosidetti ” simili e scelgo solo di intrattenermi al telefono con pochi e selezionati amici e parenti . Decisamente di noi cittadini anziani con moderato reddito le istituzioni si disinteressano oppure si attivano ma solo a scopi commerciali .