Osteoporosi: come prevenirla e combatterla
Un problema rilevante per la salute delle nostre ossa, troppo spesso sottovalutato.
L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da una ridotta densità minerale ossea. Le ossa diventano più fragili e sono, quindi, più esposte ad un maggior rischio di frattura, anche per traumi di lieve entità. Si stima che, nel mondo, circa 200 milioni di persone siano attualmente affette da osteoporosi. Solo in Europa, USA e Giappone, l’osteoporosi colpisce più di 75 milioni di persone. In Italia l’osteoporosi colpisce circa 5.000.000 persone, soprattutto donne in postmenopausa (80%). Secondo studi epidemiologici nazionali è affetto da osteoporosi il 23% delle donne con età maggiore di 40 anni e il 14% degli uomini con età maggiore di 60 anni.
Alla base della comparsa di osteoporosi vi sono molteplici fattori: genetici e costituzionali (età, sesso femminile, costituzione minuta, familiarità per osteoporosi e razza bianca o asiatica), alterazioni ormonali (menopausa insorta prima dei 45 anni, periodi prolungati di amenorrea, malattie infiammatorie croniche intestinali, anoressia nervosa, ipertiroidismo), fattori ambientali e stili di vita (dieta povera di calcio e troppo ricca di proteine, dieta troppo ricca di fibre non digeribili, carenza di vitamina D, vita sedentaria, eccesso di fumo, alcool, caffeina, abuso di lassativi) ed infine l’uso di farmaci particolari (steroidi, anticoagulanti, antiepilettici).
Il calcio è il micronutriente più importante nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi, essendo implicato nei meccanismi di rigenerazione delle ossa. E’ importante dunque nutrirsi di alimenti ricchi di calcio, tra i quali vanno segnalati il latte ed altri prodotti lattierocaseari, il pesce azzurro ed alcuni molluschi e crostacei), le verdure verdi (come la rucola, i broccoli, i carciofi e gli spinaci), i legumi (ceci, lenticchie e fagioli) e la frutta secca. Una corretta alimentazione è dunque importante per la salute delle ossa, in tutte le fasi della vita. Importante è anche l’attività muscolare associata alla dieta. Infatti, un numero crescente di studi ha confermato il beneficio dell’attività fisica non soltanto sulla massa muscolare (per prevenire la sarcopenia di cui si è parlato in un precedente articolo) ma anche sulla massa ossea.
Un riferimento specifico riguarda l’esposizione alla luce solare. Come è noto, il nostro organismo è in grado di sintetizzare la vitamina D a livello della cute grazie a raggi ultravioletti. La vitamina D, a sua volta, favorisce l’assorbimento del calcio contenuto nei cibi ed agisce nei processi di rimodellamento osseo. In genere, stare all’aperto un’ora al giorno, con mani, braccia o viso scoperti è sufficiente per una normale produzione di vitamina D. Tuttavia, negli anziani e nelle persone che conducono una vita ritirata, in ragione della mancata esposizione al sole e del fatto che i cibi sono generalmente poveri di vitamina D, può essere necessaria una piccola supplementazione per via orale.
Negli ultimi anni la ricerca ha messo a punto trattamenti farmacologici in grado di curare l’osteoporosi. Insieme a calcio e vitamina D è indicato assumere, per le persone affette da questa patologia, farmaci quali i bifosfonati, la teriparatide, il denosumab, ed altri. Tali preparati vanno assunti sotto controllo medico e con l’attivazione di un piano terapeutico.
L’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) negli ultimi anni ha più volte richiamato l’attenzione degli Stati Membri sulla necessità di promuovere politiche sanitarie di prevenzione nei confronti della popolazione a rischio con lo scopo di contrastare l’insorgere della malattia e di ridurre l’impatto sociale e sanitario della fragilità delle ossa. L’osteoporosi infatti è la prima causa di frattura da fragilità nella popolazione adulta ed anziana. La tendenza all’allungamento della vita media e all’invecchiamento delle popolazioni, determinerà nei prossimi decenni un significativo aumento dei casi. Attualmente, ogni anno, in Europa e USA, si verificano più di 2.3 milioni di fratture da osteoporosi. Nel 1990, nel mondo, le fratture di femore sono state stimate a 1,6 milioni; per il 2050 se ne attendono 6,3 milioni. Per l’Italia mancano dati aggiornati ma si consideri che nel 1990 l’osteoporosi ha causato circa 100.000 fratture di polso e 60.000 fratture di femore. Non sono quantificabili le fratture vertebrali, che in genere non passano dal “pronto soccorso” degli ospedali e non vengono quindi rilevate a fini statistici. Da un’indagine condotta da alcune società di ricerca di farmacoutilizzazione si stima che nel 2017 in Italia si verificheranno circa 488,000 casi di fratture di femore causate da osteoporosi severa in donne over 65 con un conseguente aggravio dei costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Dati allarmanti che, in mancanza di seri interventi di prevenzione, potrebbero diventare drammatici. La prevenzione comporterebbe non soltanto una modifica degli stili di vita in età adulta (alimentazione ricca di calcio, esposizione alla luce del sole ed attività fisica), ma anche l’aderenza al trattamento farmacologico nelle persone con pregressa frattura: una recente indagine dimostra che in questo modo, si potrebbero evitare circa 2.500 casi di ri-fratture l’anno e conseguentemente i costi assistenziali si potrebbero ridurre, garantendo un risparmio di circa 25 milioni di euro ogni anno.
Giuseppe Bellelli è Professore Associato di Gerontologia e Geriatria presso il Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi Milano-Bicocca. Fa parte del Consiglio Direttivo della Società italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP).