La posta in gioco è alta
Ormai non fa più notizia, lo sappiamo già: la popolazione, nel mondo e in Italia, sta invecchiando. La notizia l’avremmo se si scoprisse che qualcuno ha adottato delle politiche per affrontare in modo virtuoso questo fenomeno.
Bastano pochi dati a mo’ di esempio per ricordarci l’entità del fenomeno. Tra il 2000 e il 2050, dice ad esempio l’Organizzazione mondiale della sanità, il numero delle persone over60 nel mondo è previsto in crescita da 605 milioni a 2 miliardi. In molti Paesi fino a uno o due secoli fa chi nasceva aveva un’aspettativa di vita di poco superiore ai 30 anni; oggi in quegli stessi Paesi si può sperare di vivere oltre gli 80 (noi siamo fra queste realtà: al momento dell’Unità d’Italia l’aspettativa di vita dei nostri avi era di 32 anni). Per rimanere in Italia, oggi i senior tra i 55 e i 74 anni sono più di 14 milioni, già più numerosi dei giovani che vanno dai 15 ai 34 anni; la previsione al 2030 è che i 55-74enni supereranno di quasi 5 milioni i giovani 15-34enni.
I dati sull’invecchiamento della popolazione piovono quotidianamente dai tavoli dei demografi sulle pagine dei media e indicano tutti un futuro certo: la marcia dell’invecchiamento globale proseguirà, acuita nei Paesi in cui longevità e denatalità vanno a braccetto. Se anche dovesse cambiare il segno della natalità, e le coppie giovani ricominciassero a fare figli, i tempi della demografia sono lunghi e per i prossimi decenni l’invecchiamento della popolazione è assicurato.
Possiamo vederla positivamente o negativamente, quel che è certo è che la rivoluzione demografica in corso avrà un enorme impatto di lungo termine sulla stabilità sociale ed economica, sui conti pubblici, sugli standard di vita, sul benessere e la salute delle persone, sui rapporti tra generazioni. Le conseguenze di quel che sta già accadendo e ancor più accadrà in futuro sono enormi, le sfide difficili e la posta in gioco molto alta. Se da una parte la maggiore longevità consente prospettive e opportunità che mai le generazioni precedenti si sarebbero sognate, dall’altra parte senza politiche lungimiranti e senza atteggiamenti nuovi verso l’invecchiamento andiamo dritti in direzione dell’insostenibilità economica e sociale.
Le tensioni sui conti pubblici, sui sistemi sanitari, sul sistema di protezione sociale, sugli equilibri generazionali dentro e fuori le imprese, sono dietro l’angolo.
E’ arrivato il momento di fare delle scelte, di decidere se si vuole proseguire come si è fatto sino ad oggi o se si intende prendere una via diversa.
Non possiamo più permetterci di aspettare. Dobbiamo aprire un dibattito pubblico e sincero su questo punto e domandarci se politiche e atteggiamenti culturali tradizionali verso l’invecchiamento non hanno necessità di una svolta. Possiamo ammettere che, in uno scenario come quello descritto, è da stupidi continuare con politiche, norme e atteggiamenti che intralciano i senior nel vivere le loro vite in modo produttivo e finalizzato, ignorando il loro potenziale contributo alla crescita economica e alla solidarietà sociale ? O quanto meno che è poco saggio continuare a far finta di niente come se l’invecchiamento di oggi fosse lo stesso di trent’anni fa?
Cosa ci impedisce di plasmare un futuro in cui viene incentivata un’ “economia della longevità”, che non è antitetica a politiche a favore dei giovani, ma anzi è un modo per contribuire ad aggiungere risorse per la crescita ?
Proviamo ad immaginarci uno scenario in cui il lifelong è apprezzato e possibile nell’apprendimento, nel lavoro, nel fare impresa. In cui le scienze sono impegnate nella ricerca di ciò che può favorire una buona longevità in salute. In cui architetti, urbanisti e investitori immobiliari mettono a frutto il loro ingegno e i loro capitali per creare soluzioni abitative e di mobilità amiche dell’età avanzata. In cui i senior possono mettere a disposizione, nelle imprese e nel sociale, le loro esperienze come mentori e coach dei più giovani. In cui gli investimenti tecnologici sono indirizzati anche a soddisfare le esigenze dei senior di oggi e di domani. In cui vengono promossi e favoriti l’impegno nel sociale e il volontariato. In cui le menti finanziarie raccolgono fondi dai senior per il sostegno di progetti innovativi di giovani.
E’ folle immaginarci uno scenario di questo tipo ? Sicuramente no. E la scelta peggiore è fingere che l’invecchiamento della popolazione non è né un problema, né un’opportunità.
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Enrico Oggioni ha realizzato ricerche sulla “vita nuova” e sulle “buone e cattive pratiche” dei senior, è autore del saggio “I ragazzi di sessant’anni”, è opinionista sul tema dei senior e presidente di Osservatorio Senior.
Enrico partirei proprio dall’ultima riga del tuo punto:”…e la scelta peggiore è fingere che l’invecchiamento della popolazione non è né un problema, né un’opportunità”. Credo che proprio questo stia avvenendo sia a livello pubblico che a livello delle imprese: la scelta di non scegliere. Mi torna in mente una frase di Andreatta:”…la politica è la vita, e la vita è il ciclo delle generazioni che si succedono. Prima di me c’è stato qualcuno e dopo di me ci sarà qualcun altro”. Già la vita è il ciclo delle generazioni che si succedono. Mi sembra che oggi non ci sia la capacità di cogliere questa gigantesca opportunità del “passaggio del testimone” al qualcun altro che ci sarà dopo. Un passaggio del testimone che, per effetto dell’aumento della longevità, potrebbe essere più amplificato nella qualità e più dilatato nel tempo. Probabilmente la scelta di non scegliere rischia di compromettere questa opportunità.