Il difficile ritorno del sangue al cuore
L’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori.
Una patologia frequente soprattutto negli over 65 e spesso sottovalutata.
La circolazione sanguigna sistemica è caratterizzata da un insieme di vasi, arterie e relative diramazioni, che portano il sangue ossigenato dal cuore alla periferia, e da un insieme di vasi, vene e relative diramazioni, che trasportano il sangue refluo, con prodotti di scarto e povero in ossigeno, dalla periferia al cuore. Il sangue di provenienza venosa viene poi indirizzato, tramite passaggio attraverso il cuore, ai polmoni, dove avvengono gli scambi e il sangue elimina l’anidride carbonica e si arricchisce in ossigeno, indispensabile per i processi metabolici.
L’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori è un processo morboso a carico della circolazione venosa caratterizzato da un difficoltoso ritorno del sangue al cuore.
La causa più frequente è rappresentata da patologie a carico dei vasi venosi, come ad esempio difetti valvolari. A livello degli arti inferiori vi è infatti un sistema di valvole che contribuisce al ritorno del sangue venoso al cuore, il che avviene, a questo livello, contro gravità: le valvole si aprono per permettere il fluire del sangue e periodicamente si chiudono per impedirne il reflusso.
Cause più rare di insufficienza venosa sono legate alla presenza di altre patologie, come trombosi all’interno dei vasi venosi, neoplasie, linfedema; in questo casi si tratta di insufficienza venosa cronica secondaria.
I principali fattori di rischio sono rappresentati dall’età e dal sesso femminile. La prevalenza (cioè il numero di casi presenti nella popolazione) aumenta con l’età ed è circa doppia nel sesso femminile, colpendo oltre il 50% delle donne over65.
Obesità, abitudini di vita sedentarie, lavori che costringono a prolungata stazione eretta o seduta (sono a aumentato rischio soprattutto cuochi, addetti alla catena di montaggio, chirurghi, parrucchieri), posture scorrette, esposizione a temperature elevate (in quanto favoriscono la vasodilatazione) sono fattori di rischio modificabili.
Familiarità e precedenti trombosi venose profonde sono invece fattori di rischio non modificabili.
Le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili in base allo stadio della patologia. Inizialmente si assiste alla formazione di teleangectasie (dilatazioni di piccoli vasi sanguigni visibili oltre la cute), reticoli venosi, vene varicose (dilatazione delle vene superficiali che divengono tortuose e visibili). Con il progredire della patologia compaiono edema e alterazioni cutanee (discromie cutanee, ovvero comparsa di pigmentazione brunastra della cute, e/o eczema da stasi, ovvero infiammazione della cute). Inoltre, se la patologia non è adeguatamente trattata, possono facilmente formarsi ulcere.
Il paziente riferisce pesantezza e gonfiore, formicolio, prurito agli arti inferiori. Il dolore per lo più scompare con il movimento e peggiora con il caldo. Le ulcere sono molto dolorose, a lenta guarigione e spesso con recidive.
Le ripercussioni sulla qualità della vita, come si può facilmente intuire, sono notevoli.
La diagnosi viene fatta mediante visita medica. Raccolta di anamnesi (familiare, fisiologica – comprendente stile di vita e attività lavorativa svolta – , farmacologica, patologica) ed esame obiettivo accurato sono indispensabili a tal fine.
Talora può rendersi necessario un esame ecografico, l’ecocolordoppler venoso degli arti inferiori (metodica diagnostica basata sull’utilizzo di ultrasuoni che permette di ottenere una rappresentazione dei vasi di maggior calibro e di studiare il flusso ematico al loro interno), che fornisce informazioni circa la sede interessata e la causa della patologia. Esami ulteriori sono da riservarsi a casi particolari.
La diagnosi differenziale (cioè il procedimento di esclusione di diagnosi simili per sintomi e segni) deve essere posta rispetto al dolore da irritazione nervosa, da insufficienza arteriosa o da artrosi.
La terapia fisica comprende l’utilizzo di calze elastiche a compressione graduata o bendaggio compressivo, indicate in ogni stadio della malattia. Sarà compito dello specialista indicare la tipologia di compressione, la modalità di applicazione e valutare eventuali controindicazioni (quale ad esempio una grave arteriopatia degli arti inferiori). L’utilizzo delle calze elastiche determina una significativa attenuazione dei sintomi con un notevole miglioramento della qualità della vita.
Un accorgimento pratico è quello di posizionare gli arti inferiori in scarico (in clinostatismo –cioè in posizione orizzontale a letto- sollevare di circa 15 cm gli arti inferiori al di sopra del livello del cuore, per esempio ponendo cuscini sotto al materasso) favorendo in tal modo il ritorno venoso al cuore e una conseguente riduzione dell’edema.
Rientrano tra le terapie fisiche il drenaggio veno-linfatico manuale (tecnica manuale di rimozione della linfa e degli edemi dalle zone di stasi, quali ad esempio gli arti inferiori) e la riabilitazione in ambiente termale.
La terapia farmacologica topica o sistemica deve essere presa in considerazione fin dai primi stadi di malattia; non si tratta di una terapia alternativa a quella fisica o chirurgica, ma complementare. Essa agisce sui meccanismi responsabili delle manifestazioni cliniche (tono della parete vasale, stasi vascolare, permeabilità capillare, ecc.). La terapia farmacologica permette di controllare i sintomi, agire sulla progressione della patologia, ridurre il rischio di complicanze.
Quando la malattia è rilevante si deve prendere in considerazione la chirurgia effettuata dal medico specialista in chirurgia vascolare. La tipologia di trattamento varia a seconda di sintomi, gravità clinica e condizioni generali: si passa da trattamenti ambulatoriali mininvasivi (scleroterapia, laser e radiofrequenza) a interventi chirurgici (es. safenectomia, valvuloplastica, terapia chirurgica delle ulcere).
La prevenzione si basa sulla rimozione dei fattori di rischio, soprattutto in soggetti predisposti.
Anche in questo caso uno stile di vita sano (alimentazione varia ed equilibrata ricca di frutta e verdura, esercizio fisico regolare, controllo del peso corporeo, astensione dal fumo) è indispensabile.
E’ utile inoltre evitare temperature eccessivamente elevate (ambienti caldi, bagni caldi) e muovere gli arti periodicamente durante stazione eretta / seduta prolungata.
Il paziente spesso sottovaluta le prime manifestazioni cliniche di questa patologia considerandole banali inestetismi cutanei, inevitabilmente legati all’avanzare dell’età. Come abbiamo visto, sono invece importanti sia la prevenzione sia un intervento precoce per evitare la progressione della malattia e la comparsa di complicanze anche gravi con importanti ripercussioni sulla qualità di vita. Il colloquio con il proprio medico è pertanto indispensabile per la diagnosi e per valutare l’opzione terapeutica migliore per ogni singolo caso.
Giuseppe Bellelli è Professore Associato di Gerontologia e Geriatria presso il Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi Milano-Bicocca. Fa parte del Consiglio Direttivo della Società italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP). Francesca Massariello é Geriatra presso Istituto Geriatrico P. Redaelli, Milano.