L’indice glicemico, questo sconosciuto

L’alimentazione corretta è alla base di una vita sana, e la scelta di un determinato tipo di dieta può condizionare il nostro stato di buona salute e addirittura determinare la nostra aspettativa di vita, come dimostrato da un recente studio che ha esaminato la relazione esistente tra i fattori che determinano lo stile di vita (tra cui l’alimentazione) e la durata della vita stessa.

Quando la dietologia ha mosso i primi passi, si parlava di carboidrati, proteine e lipidi quali costituenti fondamentali dell’alimentazione: oggi gli studi biochimici hanno chiarito che queste tre categorie non sono sufficienti a spiegare che cosa avviene nel nostro organismo quando introduciamo questi nutrienti: mentre i grassi sono stati distinti in saturi e insaturi (i primi dannosi, i secondi benefici) e le proteine in nobili e non nobili (rispettivamente di origine animale e vegetale), i carboidrati hanno dimostrato di avere una maggiore o minore influenza sul bilancio degli zuccheri, a seconda se possiedono o meno un elevato indice glicemico.

Questo parametro non è altro che una misura che quantifica la velocità con cui gli zuccheri semplici o complessi vengono assorbiti e digeriti: un alimento con un elevato indice glicemico provoca un innalzamento immediato della glicemia, cioè del tasso di zucchero nel sangue, mentre un alimento con un basso indice glicemico provoca un lento rilascio di glucosio nel sangue dopo il suo consumo.

Il concetto di indice glicemico fu introdotto nel 1981 per classificare gli alimenti in funzione del controllo nei pazienti diabetici: si vide che non tutti i cibi contenenti carboidrati provocano lo stesso innalzamento del tasso di zuccheri nel sangue. Venne pertanto stilata una tabella dei 62 alimenti più comuni sulla base della risposta glicemica, e nacque in tal modo l’indice glicemico. I punteggi relativi a questo indice vennero classificati come “basso” (inferiore a 55), “medio” (tra 56-69), o “elevato” (maggiore di 70).

Nel corso degli anni, le tabelle dell’indice glicemico sono state aggiornate, anche sulla base della constatazione che diversi fattori influenzano l’indice glicemico di un alimento, come la forma (liquida o solida), la quantità di fibre presenti, lo stato di consumo (crudo o cotto), verificando una condizione generale che vale per tutti i cibi contenenti carboidrati: gli alimenti sottoposti a processi di lavorazione mediante raffinazione degli zuccheri hanno un indice glicemico più alto, quindi forniscono un’immediata disponibilità di zuccheri, che fa innalzare la glicemia ma che dura poco nell’organismo.

Con questa miglior comprensione di cosa accade nel corpo umano quando introduciamo cibi ricchi di carboidrati si sono fatte constatazioni importanti: adesso sappiamo, ad esempio, che le diete ricche di alimenti ad alto indice glicemico favoriscono l’insorgenza del diabete di tipo 2 e delle malattie cardio-vascolari in genere, con un aumento inevitabile dei decessi da queste patologie.

In conclusione, se vogliamo adottare una dieta sana dobbiamo privilegiare gli alimenti a basso indice glicemico (frutta, verdure, ortaggi, legumi, tutti i cibi integrali, succo di arancia, pasta e riso integrali, yogurt magro, latte scremato), riducendo l’introduzione di cibi con indice glicemico elevato (patate, riso brillato, miele, pizza, pane bianco, banane).

Per un elenco completo degli indici glicemici degli alimenti si veda la seguente tabella:

https://www.utifar.it/uploads/model_24/tabella-indici-glicemici.pdf

(Jenkins DJA et al. Glycemic index, glycemic load, and cardiovascular disease and mortality. NEJM 2021 Apr 8)

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Laureato in Medicina all’Università di Torino nel 1973, è stato Medico Ospedaliero e Medico di Assistenza Primaria presso l’ASL di Fossano. E’ stato Consulente redazionale di importanti riviste mediche e, dal 2003, Consulente scientifico del portale www.paginemediche.it, per quanto concerne l’aggiornamento riservato ai Medici.

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