La qualità del sonno

“Dottore, dottore! La notte non dormo più come prima, cosa posso fare?” 

L’importanza di una corretta igiene del sonno.

Che il sonno sia un processo fondamentale per garantire il buon funzionamento del nostro organismo, tanto che ogni sua alterazione – qualitativa o quantitativa – può contribuire a creare importanti problematiche di salute, ben lo sapevano anche i Greci, che pregavano infatti di buttarsi ogni sera fra le braccia di Morfeo.

Trascorriamo dormendo una quota importante della nostra vita, da qui l’importanza di una buona qualità del sonno. Anche il sonno, però, come tutti i processi fisiologici, è soggetto a variazioni che si verificano con l’avanzare dell’età: già a partire dai 40 anni, tendono progressivamente a ridursi la secrezione e il picco notturno di melatonina, fondamentali per il corretto equilibrio del ritmo sonno-veglia e per la qualità del sonno stesso.

Con la senescenza, inoltre, si altera l’architettura del sonno e, rispetto alle persone più giovani, la durata del sonno dei senior si riduce progressivamente e si accompagna a una riduzione del sonno profondo e a un maggior numero di fasi di sonno leggero, con conseguente maggior difficoltà a riaddormentarsi.

Ne consegue una possibile frammentazione della continuità del sonno con i cosiddetti risvegli infra-sonno: frequenti risvegli notturni o risvegli precoci al mattino.  Tutto ciò determina un’alterazione della qualità del sonno caratterizzata da cambiamenti nella sua durata, continuità, intensità e stabilità.

Quali sono le cause più frequenti dei disturbi del sonno nella popolazione che invecchia?

Tra le prime cause di alterazione della qualità del sonno figurano disturbi come la depressione e l’ansia, ovvie condizioni che alterano la fluidità e la continuità del sonno. Inoltre, possono contribuire a disturbare il riposo anche il dolore cronico, le cardiopatie, il diabete e l’ipertrofia prostatica benigna, che nell’uomo condiziona risvegli notturni per la necessità di mingere. A ciò si aggiunge anche il fatto che, spesso, le molteplici terapie farmacologiche, più frequentemente assunte nella terza età per via del maggior numero di malattie croniche, possono influire sulla qualità del sonno.

Quali sono le conseguenze di un disturbo del sonno cronico?

Si stima che in Italia circa il 40-45% degli over 65 presenti almeno un sintomo correlato a una cattiva qualità del sonno, tanto da rendere i disturbi del sonno e le alterazioni del ritmo sonno-veglia una delle problematiche di salute più diffuse nella popolazione che invecchia. Come possibile effetto di queste alterazioni vi può essere una maggiore tendenza a dormire di giorno, il che contribuisce a disregolare ulteriormente il fisiologico ritmo sonno-veglia.

Tutto ciò impatta negativamente sulla qualità del vivere quotidiano, sulle attività lavorativa, sugli hobby, sulle relazioni sociali e sullo stato di salute generale dell’individuo. Inoltre, i disturbi del sonno possono incidere sul tono dell’umore, sulla resistenza fisica (inducendo facile faticabilità), sulle attività cognitive (in particolare riducendo la capacità di concentrazione dell’individuo) e aumentare il rischio di cadute. È inoltre dimostrato che i disturbi del sonno rappresentano un fattore di rischio per l’insorgenza di decadimento cognitivo e per lo sviluppo di malattie cardiovascolari.

Come si può affrontare il problema?

È necessario innanzitutto diagnosticare la presenza di disturbi del sonno e dei possibili fattori (clinici e correlati alle abitudini di vita) che li causano o che contribuiscono ad accentuarli, così da mettere in atto strategie volte al loro contenimento. Da qui la necessità di parlarne col proprio medico che, data la grande variabilità di disturbi del sonno esistenti e di fattori predisponenti, metterà in atto un approccio diagnostico e terapeutico individualizzato. Esistono, tuttavia, alcune regole di base, la cosiddetta “igiene del sonno”, che possono essere applicate in modo generalizzato in tutti gli individui:

  • Mantenere una routine quanto più regolare possibile, con costanza nell’orario di risveglio e di addormentamento; utile, inoltre, cercare di creare una routine rilassante che preceda l’orario di addormentamento
  • Creare un ambiente favorevole, limitando i rumori forti, l’illuminazione eccessiva e temperature troppo calde/fredde
  • Evitare sonnellini diurni
  • Limitare la permanenza nel letto solo al sonno e non svolgervi altre attività (guardare la televisione, leggere un libro, lavorare al PC…)
  • Svolgere regolare attività fisica, preferibilmente non nelle ore immediatamente precedenti l’addormentamento
  • Evitare l’assunzione di alcol, caffeina e nicotina nelle ore pomeridiane e serali

Secondo le più recenti raccomandazioni, il primo step nella gestione dei disturbi del sonno non prevede l’utilizzo di farmaci, quanto piuttosto il ricorso alla terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive Behavioral Therapy for Insomnia, CBT-I), una forma di terapia psicologica che mira a identificare e a indirizzare i fattori cognitivi e comportamentali che stanno alla base del disturbo del sonno. Se questo tipo di approccio da solo non riuscisse a risolvere il problema, il medico potrà valutare l’utilizzo a breve termine di farmaci ipnoinducenti, iniziando con bassi dosaggi e valutando preventivamente i possibili effetti collaterali.

È dunque fondamentale valorizzare il sonno come elemento significativo del proprio benessere psicofisico e dare importanza a Morfeo, il modellatore del sogno, per sensibilizzarci sin da giovani alla cultura del buon sonno e alla prevenzione dei suoi disturbi.

Foto Suradin su licenza iStock

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Benedetta Maisano e Valentina Deiana sono Dottoresse specializzande in Geriatria presso l'Università Milano Bicocca.

Giuseppe Bellelli è Professore Associato di Gerontologia e Geriatria presso il Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi Milano-Bicocca. Inoltre fa parte del Consiglio Direttivo della Società italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP).

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