Non tutti i mali vengono per cuocere.
“Che cosa distingue il cibo degli uomini da quello degli altri animali?”
Come narrato nel mito di Prometeo che rubò il fuoco agli dèi per donarlo all’uomo, “la scoperta del fuoco rappresenta (simbolicamente ma anche materialmente) il momento costitutivo e fondante della civiltà umana. Da quel momento in poi non è più possibile dirsi uomini senza cucinare il proprio cibo”.
Il selvatico viene contrapposto al domestico, il crudo al cotto e cucinare diventa l’attività umana per eccellenza (Montanari, 2011. Il cibo come cultura).
Oggi la vista del fuoco evoca ancora ricordi suggestivi per i Senior, come i momenti trascorsi in cucina o durante una grigliata domenicale con amici e famigliari, e il suo uso è stato declinato in decine di metodi di cottura differenti.
Ma quali sono gli aspetti nutrizionali dell’ancestrale cottura a fuoco vivo?
Adatte a cuocere carne, pesce e verdure, le preparazioni alla brace o alla griglia sono quelle che richiedono l’applicazione di temperature più elevate, dai 130° per quelle più dolci fino ad oltre i 300° per quelle più aggressive.
Per conduzione, il calore cuoce la parte a contatto con il cibo in pochissimo tempo, rendendolo più sicuro – poiché buona parte dei microrganismi patogeni sopra i 72° gradi muore, più digeribile – grazie alla denaturazione delle proteine, più masticabile – per chi, con l’avanzare dell’età, riscontra una maggiore difficoltà a mordere il cibo – e più gustoso. Dai 140° in poi, infatti, si innesca la reazione più importante di tutta la scienza in cucina: la reazione di Maillard.
Raggiunta questa temperatura, alcuni aminoacidi, le unità costitutive delle proteine, reagiscono con gli zuccheri, formando centinaia di aromi deliziosi e donando agli alimenti gusti molto diversi.
Il caffè, il cioccolato, il pane, i biscotti e la carne, una volta tostati o cotti, guadagnano un gusto unico e appagante proprio grazie a questa reazione. Tuttavia, maggiore è il contatto col fuoco, più elevata è la produzione di sostanze nocive, dal riconoscibile colore scuro.
Esistono delle frequenze di consumo settimanali per questa tecnica di cottura?
Il World Cancer Research Fund nel 2018 dichiarò che le sostanze nocive che si formano nelle cotture alla griglia o alla brace, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e le amine eterocicliche, risultano potenzialmente cancerogene a causa della loro capacità ossidante.
Non vi sono dunque frequenze di consumo ma è buona regola preferire metodi più sani, che non prevedano il raggiungimento di temperature così elevate. In particolare, per i senior e per gli anziani, dove i livelli di infiammazione sono più alti a causa dell’invecchiamento, è consigliabile preferire cotture come quella in forno, al vapore o in padella.
Vi sono tuttavia delle regole per limitare l’eccessivo imbrunimento e la formazione di striature sulla superficie degli alimenti. La prima riguarda la distanza tra il fuoco e il cibo, che non dovrebbe mai essere inferiore a 20 cm; rimuovere poi le parti eventualmente bruciacchiate e non consumare la pelle, in particolare quella del pesce o del pollo.
Un altro suggerimento è quello di evitare di aggiungere grassi, ed infine, di abbinare sempre alla carne o al pesce cotti alla griglia o alla piastra una o due porzioni di frutta e verdura cruda: la vitamina C infatti, presente nei vegetali, è particolarmente sensibile alle alte temperature; pertanto, buona parte andrebbe persa con la grigliatura e non potremmo beneficiare del suo potere antiossidante!
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