Antonio volontario senior del Bibliomotocarro
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha conferito il riconoscimento di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica «per l’impegno profuso, nel corso della sua vita, nella promozione del valore della cultura». Ha parlato di lui la BBC e pure la nostra RAI in un bellissimo servizio firmato Domenico Iannacone.
Lasciando i meritatissimi allori, incontro oggi anche io il maestro Antonio La Cava e concedetemi la faccia tosta di volerlo spiazzare, chiamandolo in causa solo ed esclusivamente nelle vesti di volontario senior. Spiazzare, facile a dirsi, ma complicato a farsi visto che di piazze, con un contachilometri che supera i 200.000, lui da quando è in pensione ne ha calcate proprio tante al volante del suo bibliomotocarro, portando in esse la magia della sua biblioteca su tre ruote.
“Ti devo correggere mio caro Francesco”. In un attimo torno, dai miei quasi 40 anni, alle elementari e mi faccio piccino picciò, sedendomi, ascoltando la voce calma e chiara di La Cava uscire dalla cornetta. “il bibliomotocarro ha ben 22 anni, questo significa che l’ho ideato ben prima del mio pensionamento, certo un tempo era questione di soli sabati e domeniche… oggi sono a tempo pieno!”.
Tento di divincolarmi dal calore della sua placida voce, imponendo il passo dell’intervista con una domanda secca. Gli chiedo cosa lo spinga, a 76 anni, dopo una vita professionale in cattedra, a dedicare ancora il suo tempo libero al Bene Comune quale la divulgazione culturale. “Chi me lo fa fare? Francesco c’è bisogno! Già nel 1999 a scuola vedevo che il rapporto tra bambini e i libri si stava affievolendo. Una crescente disaffezione anche a causa del mondo digitale che stava impetuosamente nascendo. Ovviamente non bastava solo il grido d’allarme. Si poteva andare oltre solo indicando una soluzione possibile, cioè scomodare i libri, toglierli dalla loro aura aristocratica, esclusiva. E dove sta scritto che la Cultura debba essere esclusiva? La Cultura è per tutti! Quindi ho detto ai miei amici libri ‘diamoci una regolata!” Scendete dagli scaffali alti e nobili, allorché ricoperti di polvere e mettetevi in marcia con me verso i nuovi lettori’. Chi me lo fa fare? Ecco, me lo fa fare il bisogno della nostra società di allargare la base dei lettori!”.
Gli chiedo come un Senior possa non venir schiacciato dai ricordi, dalla Memoria contenuta soprattutto nei libri e il maestro La Cava da bravo educatore mi porta a vedere prima il quadro generale: “Bibliomotocarro è simbolo di un Umanesimo Moderno, dove ‘moderno’ è solo aggettivo, cioè è aggiuntivo del sostantivo ‘Umanesimo’. In questi ultimi 25 anni, invece, ‘moderno’ da semplice aggettivo, vedendoci indaffarati ovunque a cercare rete, connessione per non andare in panico, percependoci come sue prede, s’è stancato di essere solo ‘adiunctivus’, si è messo in proprio, diventando Modernità, sostantivo, privo dell’Uomo e dell’Umanesimo, così tramutandosi in sterile e inutile Modernismo”.
Il maestro non mi sente convinto dall’altra parte della cornetta e velocemente torna alla domanda, spiegandomi perché per lui i Ricordi sono letteralmente benzina del suo essere volontario, “Umanesimo è Memoria e se il futuro si basa sulla Memoria, io non posso dimenticare che i miei genitori erano contadini, che abitavo in quello che in Basilicata chiamiamo ‘sottano’ e che di fianco al mio letto mi faceva compagnia l’asino. Il bibliomotocarro è quindi espressione e Memoria di quello che era il mondo contadino della Basilicata di una volta”.
Ma allora maestro, la vostra generazione, nel Volontariato, può avere una marcia in più proprio grazie alla Memoria? “Decisamente sì e lo devi sottolineare quattro o cinque volte. La mia famiglia aveva in casa una sola lampadina, niente finestre se non una, sopra la porta. Quando mia madre la spegneva e io a otto, nove anni mi ero appassionato a un libro, per poter continuare nella lettura, accendevo una candela, una candela che in me non si è mai spenta, io non posso cancellare questa immagine. È simbolo di povertà sì, ma dignitosa. Io manco dovevo fare il maestro, bensì l’artigiano seguendo le orme dello zio calzolaio. Siccome ero bravino alle scuole d’avviamento professionale, la professoressa di italiano convinse i miei genitori a fare un sacrificio per la mia Istruzione. Questo gesto dei miei genitori, silente e percepibile solo nei loro occhi pieni di attese, mi consegnò a una finalità superiore: ridare alla società quello che la società mi stava dando. Se io e quelli della mia generazione non avessimo sentito questo dovere civico, spinto dal sacrificio dei nostri genitori, non avremmo questa marcia in più”.
Va bene maestro, ma questo non giustifica, dopo una vita di lavoro, che lei debba continuare a faticare, macinando chilometri. Esiste almeno qualcosa, a 76 anni, che lenisce le fatiche di mettersi al volante della sua biblioteca su ruote? “Cosa lenisce la fatica? Il sapere che qualcuno mi aspetta in piazza. Quando riparto con il bibliomotocarro mi chiedono quando torno. La consapevolezza di avere un ruolo di utilità nella Comunità: se, tramite un libro che porto, un ragazzino supera una fragilità, una tristezza e si appassiona alla lettura… sai cosa significa aver creato un lettore?”.
E il suo volontariato, come tutti i volontariati, sono capaci secondo lei di modificare le logiche del mondo? “Il bibliomotocarro è forse l’unica biblioteca al mondo senza il registro dei prestiti. Perché agisce una semina di fiducia e giorno dopo giorno, libro dopo libro, chilometro dopo chilometro, si trasforma in un raccolto di Responsabilità. I libri tornano tutti, perché i più piccoli apprezzano la fiducia e perché hanno capito che il loro libro che li ha aiutati magari in un momento di fragilità, le stesse pagine potranno servire a un bambino di un altro paese”.
Ma lei che, come tanti volontarie e volontari senior, si spende per il Bene Comune, ha un sogno solo suo? “Sì ed è intrecciato con la Memoria anche questo. Non posso dimenticare che il primo libro letto è stato Fontamara di Ignazio Silone. Erano i primi anni ’60, qui in zona non c’erano negozi di libri o biblioteche. Me lo diede un bibliobus che faceva servizio nelle piazze dei piccoli comuni tra Matera e Potenza. Questo libro ha lasciato un’immagine dentro di me, è presente. Sogno quindi un bibliomotocarro ovunque, in ogni provincia. Quando il bibliobus mi consegnò quel libro avevo già quattordici anni, ma fantasticavo che fosse venuto solo per me, per darmi quel libro… figuriamoci cosa avranno pensato i più piccoli. Il bibliobus era venuto per me. Mi chiedevi chi te lo fa fare? È il filo della memoria!”.
Foto gentilmente concesse da © Andrea Sabbadini, ogni diritto riservato.
Francesco Bizzini, responsabile ufficio stampa CSV Milano – Centro di Servizio per il Volontariato Città Metropolitana di Milano.