In Brasile per i senior non é tutto Samba e Carnevale
Andare in pensione… per “la seconda volta”. Flavio Emerson è un consulente di organizzazione industriale che vive a Rio di Janeiro e segue i suoi clienti viaggiando principalmente a Sao Paolo e nel Minas Gerais. Durante le feste nazionali passa alcuni giorni a Paraty, una località di mare vicina a Rio, dove con un gruppo di amici si scatena in discussioni che spaziano dall’immancabile calcio, alle scuole di Samba per uno dei Carnevali più famosi al mondo, alla politica.
Flavio ha 70 anni e si sta preparando per ritirarsi tra due anni al massimo, quando finalmente andrà in pensione… per ”la seconda volta”!
Dopo gli studi di Ingegneria Meccanica, Flavio Emerson aveva trovato lavoro presso un Ente statale dove ha fatto una discreta carriera. In base al sistema pensionistico in vigore in Brasile agli inizi degli anni 2000, aveva potuto andare in pensione dopo 30 anni di servizio, a 55 anni di età. Da quel momento aveva cominciato a ricevere una pensione mensile. A quel tempo, però, Flavio era stato anche assunto da una società di consulenza dove lavora ormai da 14 anni. Tra un anno, in base alla normativa attuale, dopo 15 anni di lavoro e avendo più di 65 anni, potrebbe andare in pensione di nuovo e anche questa volta ricevere una seconda pensione mensile … anche se già formalmente in pensione da quindici anni !
Il sistema pensionistico brasiliano è da alcuni anni sotto osservazione da parte degli analisti, sia per le sue politiche che continuano a cambiare, sia per i costi che implica la sua gestione. La situazione di Flavio Emerson non è un’eccezione, ma una situazione frequente.
Il Brasile è un paese dove si può ufficialmente essere in pensione, e quindi ricevere una quantità mensile da parte del Governo, mentre si continua a lavorare come dipendente, o come consulente, sia nella stessa azienda, oppure in un’altra organizzazione. Questa prassi è il retaggio di una legge emanata negli anni ‘90 quando l’economia era in uno stato embrionale dopo che il Paese aveva recuperato una vita democratica. In quel momento infatti c’era la necessità di crescere e il Paese doveva mantenere ‘a bordo’ tutte le competenze e le esperienze per accompagnare la crescita. L’esempio di Flavio è abbastanza frequente tra i professionisti della sua generazione, ma il clima sta cambiando rapidamente e i “consulenti senior” o i dipendenti “di seconda vita” sono oggi più a rischio di licenziamento.
Il Brasile ha fatto passi da gigante negli ultimi anni. Nel 2010 la popolazione era di circa 190 milioni di persone; tre anni dopo, nel 2013, erano già in 200 milioni. Inoltre, è un paese giovane con il 60% dei brasiliani che ha meno di 29 anni e dove le condizioni di vita sono molto migliorate. L’aspettativa di vita si è alzata a 71,3 anni per gli uomini e a 78,5 per le donne e si prevede che arriverà a 80 anni nel 2040.
Nonostante l’economia del paese sia stata recentemente declassata dalle agenzie di rating e nonostante sia diversa a seconda della regione (il sud più ricco e il nord più modesto), il paese è riuscito a togliere dalla povertà circa 35 milioni di persone. Pochi Paesi in via di sviluppo hanno raggiunto questi traguardi.
Il suo sistema pensionistico è famoso tra i paesi emergenti per la sua generosità. E’ anche però famoso per i suoi costi, che, dicono gli addetti ai lavori, sono paragonabili a quelli dei Paesi più ricchi (9.1% del PIL nel 2014 secondo fonti dell’ABRAPP – Associacao Brasileira das Entidades Fechadas de Previdencia Complementar). Attualmente ci sono differenze nel trattamento pensionistico a seconda che si lavori nel settore privato o nel pubblico impiego. Relativamente all’età anagrafica, gli uomini che lavorano nel settore privato possono andare in pensione a 65 anni e le donne a 60, ammesso che abbiano almeno 15 anni di contributi. Nel settore pubblico le condizioni cambiano: 60 anni per gli uomini e 55 per le donne , con 10 anni di contributi. In alternativa si può accedere alla pensione anche solo considerando gli anni di contributi versati: nel settore privato 35 anni per gli uomini, e 30 anni per le donne, indipendentemente dell’età anagrafica. In media le persone vanno in pensione a 55 anni. In un paese la cui aspettativa di vita continua a crescere, il rischio di insolvenza è dietro l’angolo.
Negli ultimi anni ci sono stati diversi tentativi di controllare la spesa, stabilendo nuovi massimali per ogni “modalità” pensionistica e in generale l’opinione pubblica è consapevole che questa situazione dovrà cambiare. Il Brasile sta vivendo un momento molto complicato della sua vita economica: si prevede una inflazione al 10% alla fine del 2015. Il PIL è in contrazione e gli interessi per i mutui hanno superato il 55% (fonte:Wall Street Journal, Giugno 2015).
Flavio e i suoi amici di Paraty, raccontano che al giorno d’oggi la pensione massima che si può ricevere è di circa 1100 dollari americani al mese e questa quantità si raggiunge ormai solo in casi eccezionali. Per vivere dopo aver smesso di lavorare, le persone si aspettano di ricevere solo il 65% – 75% del loro ultimo reddito e così si stima che, con gli attuali trend economici, la pensione dello Stato potrà rappresentare solo il 20%, massimo il 30% del fabbisogno; il resto dovrà essere attinto dai propri risparmi e da assicurazioni private integrative, la cui proliferazione si è avuta negli ultimi anni.
Il gruppo “pensionati-due-volte” di Paraty commenta con preoccupazione che ai problemi del sistema pensionistico si aggiungeranno anche quelli legati alla Sanità Pubblica, anch’essa soggetta ad una sempre più alta richiesta di servizi da parte della popolazione che invecchia. La sensazione generale oggi è che tutte le persone dovranno rimanere economicamente attive il più a lungo possibile, non solo per realizzare i loro sogni, ma semplicemente per sopravvivere.
Flavio Emerson dovrà lavorare ancora due anni per ricevere il suo secondo assegno pensionistico, sperando che non cambi la legge. È consapevole che probabilmente la sua generazione sarà una delle ultime in Brasile ad avere questo beneficio. Il futuro appare incerto…….
Julio Gonzalez, educato in Messico, Canada e negli Stati Uniti, vive in Italia da più di trent’anni. Manager internazionale, ha gestito direttamente, in vari ruoli nelle Direzioni Risorse Umane dove ha lavorato, progetti di integrazione di aziende e culture diverse in Italia, Europa, Americhe, Asia e Oceania