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Previdenza e condizioni economiche

Proteggere i figli deboli

Leggi e comportamenti.  Secondo le stime delle Nazioni Unite, il 10% degli abitanti del mondo sono disabili. Il dato italiano ci parla di 4,1 milioni di disabili, pari al 6,7% della popolazione italiana e la percentuale è in crescita.

Supportati nelle età scolastiche, i disabili divengono poi sostanzialmente invisibili, nel senso che la responsabilità e il peso dell’assistenza della persona con disabilità, soprattutto in età adulta, ricade a pieno sulla famiglia.

Le analisi del Censis ci dicono che solo il 12% dei genitori di adulti Down pensa a un «dopo di noi» in cui il proprio figlio avrà una vita autonoma o semi-autonoma. La quota di genitori con un figlio autistico di 21 anni e più che prospettano una situazione futura di autonomia anche parziale per i loro figli è solo del 5%. Ne emerge, come è evidente, una fortissima preoccupazione dei genitori Senior, che si chiedono con ansia crescente chi potrà occuparsi dei propri figli dopo la propria morte.

A questo fine, la legge 112 del 22 giugno 2016 prevede misure di assistenza cura e protezione per le persone con disabilità grave, prive di sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale.

La legge prevede la progressiva presa in carico della persona disabile durante l’esistenza in vita dei genitori ed intende favorire la realizzazione di programmi ed interventi innovativi di residenzialità diretti alla creazione di strutture alloggiative nonché a sviluppare programmi di abilitazione e di sviluppo per consentire il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile.

La questione del supporto ai disabili non è solo economica: in particolare, c’è un forte bisogno di servizi di qualità, e di una attenzione politica che sappia andare ben oltre le prestazioni in denaro o voucher offerte dal sistema assistenziale pubblico. In ogni caso, è evidente che la possibilità di disporre di somme sufficienti ad integrare i servizi pubblici sia di per sé un forte elemento di rassicurazione.

Tra gli incentivi adoperati per promuovere maggiori tutele, l’articolo 5 della citata legge eleva il limite di detrazione dall’Irpef da 530 a 750 euro per le polizze assicurative aventi per oggetto il rischio di morte, invalidità permanente da infortunio e malattia dei genitori, qualora le prestazioni siano destinate alla tutela delle persone con disabilità grave. La legge disciplina inoltre le esenzioni ed agevolazioni tributarie per costituzione di trust o di vincoli di destinazione di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, a condizione che gli atti abbiano come finalità esclusiva l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza di uno o più disabili gravi beneficiari.

La nostra opinione sul tema degli incentivi fiscali ed economici è viziata dall’insuccesso storico di queste forme di incentivo “debole”, che non stimolano comportamenti attivi o creazione di reti di servizio ma offrono uno sconto a chi, per proprie convenzioni e possibilità, attua comportamenti individuali di protezione.

Ci sembra tuttavia che vi siano due temi che meritano una riflessione più approfondita: in primis, la legge 112 apre una riflessione pubblica su un tema, quello della disabilità dei propri figli, che fino a ieri era lasciato a qualche prestazione monetaria e tanta privatizzazione delle responsabilità familiari. La seconda questione, non banale, è che se è probabile che gli incentivi fiscali offerti alle soluzioni assicurative non modificheranno i comportamenti di massa dei cittadini, stanno però inducendo le compagnie assicurative a creare nuove forme di tutela davvero efficaci, che prima dell’approvazione della legge praticamente non esistevano. Se è vero dunque che il diritto debba riflettere i bisogni della società e supportare la modifica virtuosa dei comportamenti, la legge 112, in questo senso, costituisce un buon segnale.

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