Cantiere pensioni

E’ in corso il dibattito sulle proposte di riforma delle pensioni. Osservatorio Senior partecipa al dibattito con questo articolo, a cui seguiranno nei prossimi giorni nuove opinioni e ulteriori contributi, oltre ai commenti che vorrete inviare.

Riforme pensionistiche: flessibilità, equità e politiche attive, non nuova spesa assistenziale.

Nelle ultime settimane il neo presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha reso noto la sua visione e le sue intenzioni su quali sarebbero i provvedimenti necessari per il nostro sistema pensionistico. Anche se in molti casi si tratta di provvedimenti che richiederanno l’approvazione politica, giustamente alla parole di Boeri è stato dato un notevole risalto suscitando reazioni contrastanti tra le diverse forze di rappresentanza e partitiche in campo.

In realtà le proposte del presidente dell’Inps toccano vari aspetti del problema e per esprimere un’opinione sembra corretto vederle separatamente.

Ad esempio, ben venga la flessibilizzazione dell’età pensionabile standard, cioè la possibilità di andare in pensione prima dei termini attuali (ormai vicino ai 67 anni), in cambio di una riduzione dell’importo percepito, quindi senza che questo comporti aggravi di spesa pubblica. Le esigenze e i progetti di vita individuali sono tali e tanti che non si può che vedere di buon occhio la possibilità di scegliere da parte del singolo interessato a cosa dare la priorità, valutando costi-benefici, in una situazione di conti dell’Inps riportati ad un livello di sostenibilità ormai definito virtuoso nel confronto europeo.

Ben venga anche la trasparenza riguardo alla possibilità di conoscere con largo anticipo gli importi che percepiremo una volta andati in pensione: molti, soprattutto i più giovani e gli autonomi, avranno delle brutte sorprese, ma tenersi le fette di salame sugli occhi non è un buon rimedio e per questo viva il coraggio di Boeri se finalmente ci renderà consapevoli dei nostri destini pensionistici.

Una terza proposta “di peso” formulata dal presidente dell’Inps ha invece a che fare con il princìpio di equità e deve fare i conti non solo con le ovvie resistenze di chi se ne vedrebbe penalizzato, ma anche – e soprattutto – con il nostro sistema giuridico.

Titolano i giornali: “L’idea é garantire un ammortizzatore sociale di 700 euro al mese per i disoccupati over 55 in condizioni disagiate. Le risorse sarebbero reperite tramite un nuovo intervento sugli assegni più elevati” (da Pensioni Oggi). E dichiara Boeri: “A mio giudizio c’è un problema di equità che andrebbe affrontato. Si può chiedere qualcosa a chi ha delle pensioni molto alte che non sono giustificate dai contributi per contrastare la povertà soprattutto nella fascia 55/65 anni”.

Proporre la faccenda in questi termini é efficace dal punto di vista comunicativo ed ha una valenza politica molto forte, ma forse le due proposte andrebbero viste separatamente.

Ridurre le pensioni molto alte (a proposito, qual é l’asticella che definisce il “molto alto”?), non giustificate dai contributi versati durante l’intero arco della vita lavorativa, di per sé può essere, in una fase di ristrettezze economiche, più che “giusto” (visto che lo Stato con questi cittadini ha stipulato in passato un contratto, ancorché svantaggioso per la comunità e per le generazioni successive), politicamente sensato ed é importante per questo conoscere i dati esatti: in questi giorni si legge spesso che i pensionati a cui si dovrebbe applicare ora il contributivo e non più il retributivo si annidano tra le gestioni speciali, come quelle dei ferrovieri e dei piloti, o tra gli alti dirigenti: avere dati precisi su questo é indispensabile, anche per evitare la caccia alle streghe che da più parti si é già sollevata.

Quanto poi al tema dell’ammortizzatore sociale per i 55-67enni che cercano lavoro e non lo trovano, attenzione alla demagogia dietro l’angolo: qui ormai stiamo parlando solo in parte di esodati in senso stretto (per i quali ci sono stati vari provvedimenti legislativi, sono stati stanziati parecchi soldi per tutelarli ed è stato promosso un ulteriore censimento conoscitivo per tutelare chi finora é rimasto fuori); in generale stiamo parlando di chi a questa età vuole lavorare e non trova, ritrovandosi in condizioni economiche difficili. Il problema è grande e vero, a volte drammaticamente vero, ma non può essere affrontato dimenticando che il tasso di inattività dei 55-64enni è sceso di 12 punti in 4 anni, che ogni anno vengono attivati 900.000 nuovi contratti di lavoro per persone over 55 e che l’occupazione per questa fascia di età va meglio che per i giovani. La speranza è che per affrontare il problema non si pensi che la soluzione sia di caricare la spesa pubblica di nuovi oneri assistenziali e che invece si adottino politiche attive del lavoro anche per la fascia di età senior. Davvero basterebbero le risorse reperite spostando al contributivo qualche pensione alta per finanziare un nuovo ammortizzatore sociale? E quale effetto economico di medio-lungo termine avremmo sulla spesa, oltre che  sulle aspettative di chi si avvicina a questa età ? Credo che alla chiamata di responsabilità per affrontare il problema non debba essere chiamato solo lo Stato. Si pensi alle imprese che dal 2011, anno della riforma Fornero, hanno fatto pochissimo per “ripensare il lavoro” dei senior e che in molti casi aspettano solo il momento per poter tornare ai prepensionamenti sovvenzionati dallo Stato; o alle singole persone di questa età, che in tantissimi casi si rimettono in gioco e si rendono flessibili, anche con sacrifici, ma in parecchi altri casi rinunciano. Il pubblico, con la decontribuzione di tre anni per incentivare le nuove assunzioni e con l’elevata flessibilità dei contratti a progetto ha creato qualche condizione favorevole. Ciò che è da migliorare sono sicuramente, a proposito di politiche attive, i centri per l’impiego e le pratiche per la ricollocazione dei senior. La speranza insomma è che quest’ultima idea di Boeri, di per sé ispirata ad equità, non sottenda il solito vecchio incentivo a prepensionare a carico della spesa pubblica.

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Enrico Oggioni ha realizzato ricerche sulla “vita nuova” e sulle “buone e cattive pratiche” dei senior, è autore del saggio “I ragazzi di sessant’anni”, è opinionista sul tema dei senior e presidente di Osservatorio Senior.

2 Commenti

  1. Danilo Cesare 30 Aprile 2015 at 15:24 - Reply

    La visione di Tito Boeri non prende in considerazione le vere cause del dissesto pensionistico. Chi ha mai sentito parlare di lotta ai falsi invalidi, di pensioni baby, di cassa integrazione ai doppio-lavoristi ( cassa+lavori in nero come imbianchino, meccanico, portiere, etc). Purtroppo anche Boeri è caduto nella trappola e non bastano forbiti proclami per ristrutturare il comparto pensionistico. Io sono sicuro che se i fondi INPS derivanti da contributi fossero esclusivamente destinati al pagamento delle pensioni non ci sarebbero problemi.

  2. Gian Piero Scilio 1 Maggio 2015 at 17:36 - Reply

    Anche a me sembra chiara l’intenzione positiva. Sarei alquanto preoccupato di una sua eventuale applicazione in un Paese come il nostro: tutti diventerebbero improvvisamente meritevoli del sussidio!
    La strada vera è quella di rendere POSSIBILE E CONVENIENTE, per aziende ed individui, restare al lavoro fino a 67 anni. Ed investire risorse nelle politiche attive.

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