Jeff e Lorna, due senior inglesi e il lavoro flessibile
Jeff (64 anni) è un addetto alla logistica in una piccola azienda e Lorna (63) è un’assistente presso un importante studio dentistico; vivono entrambi nel Sussex e si stanno preparando per andare in pensione tra qualche anno. Hanno chiesto ai loro datori di lavoro la possibilità di lavorare in maniera flessibile. Jeff vorrebbe una sorta di job sharing (ha trovato un altro collega che fa il suo stesso lavoro e riuscirebbero a condividere la stessa posizione, rivedendo ovviamente il loro compenso). Lorna invece ha chiesto l’equivalente di un part time verticale. La possibilità di avere un regime di lavoro flessibile in questo momento della loro vita rappresenta un’alternativa molto importante, soprattutto alla luce dei cambiamenti che li manterranno ancora nel mondo del lavoro per alcuni anni.
L’Inghilterra come altri paesi sta vivendo un graduale invecchiamento della propria popolazione. Secondo la società Index Mundi, su un totale di 65 milioni di abitanti stimata nel 2016, gli over 55 rappresentano quasi il 20% della popolazione. Più precisamente gli over 65 sono oggi l’11.4% della popolazione e dal 2007 hanno sorpassato il numero dei minori di 16 anni. Secondo l’ONS (Organization for National Statistics nel Regno Unito) le stime delle aspettative di vita alla nascita continuano a crescere: 79 anni per gli uomini e quasi 83 anni per le donne. Inoltre si prevede che una persona su quattro avrà più di 65 anni nel 2033 e come in altri paesi, questa prospettiva rappresenta una delle sfide principali del prossimo futuro. Gli addetti ai lavori in campo economico continuano a segnalare che l’invecchiamento della popolazione porterà un onere insostenibile per i contribuenti. Le principali sfide sono da una parte la crescente pressione sui servizi sanitari e sociali e dall’altra la mancanza di persone e di competenze per far fronte all’esigenze del mondo del lavoro. Il tema è, come sempre, cosa fare?
La proiezione dell’allungamento della vita ha aperto un dibattito e, con questo, la creazione di approcci e piani che sono in divenire. Lo scopo è creare le condizioni affinché le persone possano continuare a lavorare ed essere attive ed autonome il più a lungo possibile. Il percorso che si sta seguendo prevede la definizione di leggi e pratiche ma soprattutto un diverso mindset per tutti gli interlocutori coinvolti, che cerchi di posizionare l’ageing (l’invecchiamento per l’appunto) come un momento del ciclo della vita e sia consapevole che le difficoltà di oggi saranno moltiplicate man mano che il resto della popolazione arriverà all’età matura.
Una delle prime decisioni è stata la revisione di alcuni aspetti del sistema pensionistico. Come in altri paesi, il sistema in Gran Bretagna ha tre pilastri: il sistema nazionale (costruito con contributi delle persone e dei datori di lavoro con diverse formule); il sistema integrativo gestito dalle aziende ed infine i fondi privati. Fino al 2010 l’età per andare in pensione per gli uomini era ai 65 anni e per le donne 60. Dal 2010 per le donne è iniziato un processo graduale che porterà la loro età pensionabile al pari di quella degli uomini. Le proiezioni a lungo termine indicano che l’età pensionabile per uomini e donne salirà a 68 anni entro il 2046.
In UK nel 2011 si è inoltre abolita la disposizione che rendeva obbligatorio smettere di lavorare ai 65 anni, sancendo che le persone possono rimanere nel mondo del lavoro fino quando se la sentono e fino a quando i datori di lavoro siano disponibili ad utilizzare le loro esperienze. Questa disposizione ha spinto il governo britannico a favorire le condizioni che potessero supportare questa decisione. Alcune delle leve che sono state messe a disposizione dei datori di lavoro e delle persone interessate sono contenute nel sito GOV.UK.
Ad esempio, nel sito si trovano alcune soluzioni di lavoro alternativo, con modalità per usufruire orari di lavoro flessibili ( es. il flex time, lo smart working, ecc) per consentire una continuità lavorativa, fornendo un vero e proprio vademecum su come richiederli e sulle condizioni, con specifica attenzione a cosa fare se la richiesta venisse negata. Un altro campo di attenzione è la necessità di accompagnare competenze ed esperienze consolidate con contenuti nuovi o essere in grado di avviare nuove mansioni allo scopo di incominciare una nuova carriera. Nel 2013 il governo inglese lanciò una campagna d’informazione evidenziando che le persone over 60 dovevano essere stimolate a ritornare ad essere formate nelle università, facilitando il loro ritorno a scuola. A questo proposito ci sono state anche iniziative per facilitare l’ottenimento di prestiti, come la “Mature students: university and funding” (Servizi per gli studenti maturi: università e finanziamenti) presso il sito GOV.UK
Non tutte le iniziative avviate in Gran Bretagna per dare risposte al nuovo status degli over 60 sono implementate senza intoppi. Ad esempio l’abolizione dell’età per andare in pensione non è stata facilmente accettata dalle associazioni di datori di lavoro. Secondo alcuni centri di avvocati specializzati, almeno una su 10 aziende cerca comunque di offrire incentivi economici ai suoi dipendenti per uscire dall’azienda dopo una certa età. E negli anni l’opinione pubblica tende ad essere critica circa la possibilità di far tornare all’Università le persone per studiare temi al di fuori del loro interesse (storia antica o giardinaggio ad esempio) e per investire invece il loro tempo allo scopo di avere un titolo competitivo nel mondo del lavoro. Anche la possibilità di accedere ad una alternativa di lavoro flessibile deve essere richiesta ai datori di lavoro seguendo alcuni accorgimenti specifici ed onerosi ma soprattutto nuovi.
Quello che rimane molto chiaro nel contesto britannico è che non solo si “parla” di far rimanere gli over 60 nel mondo del lavoro, ma si sperimentano soluzioni concrete per creare i contesti che facilitino questa possibilità. Come in tutte le situazioni di cambiamento, sono necessarie iniziative con diversi stakeholders che aiutino a garantire che questo tema sia presente nell’agenda delle istituzioni, dell’opinione pubblica, e delle persone in generale. Un esempio per tutti è il lavoro svolto dall’associazione UK Age, un network di agenzie senza fini di lucro dedicate ad offrire servizi e supporto alle popolazioni degli over 60 a livello nazionale e locale. UK Age è diventata anche un interlocutore importante per tentare di influenzare l’opinione pubblica e, secondo loro statuto, influenzare le future generazioni dando per assodato che la gestione degli over 65 sarà un tema imprescindibile nel futuro. UK Age lavora nei in campi quali la Salute, l’Amministrazione e Finanza, Lavoro e Formazione, Tempo libero e Viaggi tra altri.
Tra i servizi di AGE UK esiste una newsletter mensile chiamata “Later Life in the United Kingdom” dove si presenta una raccolta delle informazioni pubblicamente disponibili sulle persone in età avanzata in Gran Bretagna, indicando anche le fonti. Ad esempio, nella loro newsletter dell’aprile 2017, sono stati evidenziati svariati temi: dallo svago preferito degli over 60; alle percentuali di over 65 che sono presenti nel mondo del lavoro; dai casi di discriminazione per motivi di età; ai casi di maltrattamento e le regioni dove si manifestano; alle difficoltà legate all’inclusione digitale delle persone in età avanzata; ai temi inerenti alle persone LBGT over 60, ecc. La loro informativa vuole essere un punto di riferimento di studi e tendenze, che evidenzia situazioni da chiarire e da risolvere e che utilizza informazioni riportate nei media o in ricerche specializzate, rendendole pubbliche e accessibili e creando in tal modo la consapevolezza che il tema è sempre attuale e che esiste un’impellente necessità di affrontarlo.
Il dibattito sull’invecchiamento in UK copre molti temi e non poteva mancare il possibile impatto della Brexit. Un articolo della Oxford University del 2016 (tramite il loro Institute of Population Ageing) evidenzia che la mancanza di un flusso d’immigrazione importante negli anni metterebbe a repentaglio l’autosufficienza nella disponibilità delle competenze necessarie per competere a livello internazionale. Inoltre, da un punto di vista finanziario l’articolo di Oxford ricorda una proiezione fatta nel 2013 dall’Office for Budget Responsibility, quando in tempi non sospetti si indicava la necessità di avere almeno 300,000 immigranti all’anno per essere in grado di ridurre il debito pubblico inglese di un terzo, sottolineando il pericolo potenziale che frenare l’immigrazione avrebbe nelle casse dello stato a lungo termine.
Uno degli insegnamenti importanti del contesto britannico è il suo approccio pragmatico e chiaro nell’analizzare le situazioni, non rimandando l’agire. Si cerca di sperimentare soluzioni, aprire dibattiti e l’aumentare la consapevolezza tra la popolazione sui diversi aspetti che toccano questo tema i cui effetti saranno di lunga durata.
Jeff e Lorna sono degli apripista di modalità alternative per restare nel mondo del lavoro. Sanno che la situazione non è semplice e talvolta guardano ai cambiamenti con diffidenza; ma ci stanno provando. Nelle loro teste sognano di poter un giorno lasciare le loro città e trovare una località dove vivere più tranquilli e con soldi sufficienti a far fronte ai problemi della vecchiaia. Jeff vorrebbe andare in Spagna, Lorna vorrebbe spostarsi nella campagna inglese anche se non esclude l’Italia. Sanno però che devono continuare a lavorare facendosi carico del loro progetto per l’imminente “Later Age”.
Nota: Le esperienze contenute nel testo corrispondono a episodi vissuti o testimonianze all’autore e sono rielaborate per una migliore comprensione dei temi. Ogni eventuale somiglianza a persone o situazioni reali è da considerarsi una concidenza.
Julio Gonzalez, educato in Messico, Canada e negli Stati Uniti, vive in Italia da più di trent’anni. Manager internazionale, ha gestito direttamente, in vari ruoli nelle Direzioni Risorse Umane dove ha lavorato, progetti di integrazione di aziende e culture diverse in Italia, Europa, Americhe, Asia e Oceania