Uomini e donne di fronte al tempo liberato dal lavoro

In altro articolo[1] si è parlato, a partire da una ricerca esplorativa sulle differenze di genere nell’invecchiamento condotta dall’Associazione Nestore di Milano[2], del rapporto di coppia di uomini e donne. In questa sede ci soffermeremo, sempre a partire da tale ricerca, sull’utilizzo del tempo e sulle relazioni sociali.

Temi questi, particolarmente rilevanti per chi è in pensione e che ha visto, con la fine dell’attività lavorativa, una ridefinizione delle attività e dei rapporti precedenti, passando, quindi, da una condizione che strutturava tempi, ruoli e relazioni sociali ad una condizione connotata da un’ampia libertà, ma anche dal rischio della perdita di identità.

Pluralità femminile, centratura maschile.

Evidenziamo quindi i tratti che accomunano uomini e donne e quelli che invece li differenziano.

In primo luogo, tratti comuni sono la ricchezza delle attività svolte e la consistente incidenza, pur se con accenti diversi a seconda del genere, di quelle a connotazione culturale o comunque impegnative (come il volontariato), che si accompagnano ad una almeno apparente ‘non’ rilevanza della televisione, da nessuno citata come oggetto di intrattenimento rilevante. Anche considerando il buon livello di scolarità che mediamente caratterizza i nostri intervistati, sembra improbabile che tale assenza implichi una sua effettiva mancata fruizione, mentre è più credibile che l’ascolto, almeno serale, sia dato per scontato (così come la lettura dei quotidiani, citata solo da un intervistato che, non a caso, vi dedica oltre un’ora quotidianamente e con un evidente piacere), come una sorta di implicita colonna sonora su cui non vale la pena soffermarsi, se non per rimarcare l’interesse verso specifiche trasmissioni.

Comune a uomini e donne è, inoltre, il fatto che, pur aumentando la frequenza e il tempo dedicati alle diverse attività, pochi ne hanno iniziato di effettivamente ‘nuove’: non si comincia a leggere, ma nemmeno a frequentare amici, se non lo si è fatto da adulti….

Nello stesso tempo, nonostante la maggior parte degli intervistati viva in coppia, poche sono le attività condivise. E, in tal caso, sembra sia la donna ad avere il ruolo trainante: vale per la cura dei nipoti, ma vale anche per quanto riguarda il viaggiare, il promuovere e sostenere le relazioni sociali, l’andare a teatro o anche solo al cinema.

Soprattutto, uomini e donne (ma di più le donne) fano emergere il piacere di avere più tempo per sé, di poter fare le cose con calma, di avere insomma maggior agio nella gestione del proprio tempo – citando le parole di un’intervistata: “Il piacere di darsi il permesso di perdere tempo”.

A fronte di questi tratti comuni, si evidenziano interessanti differenze.

In primo luogo, permane una chiara divisione di genere per quanto riguarda il tempo impegnato nelle attività familiari, anche se aumenta la collaborazione maschile sia per alcune incombenze (in primis quelle amministrative), sia nell’attività di cura dei nipoti (ma, in questo caso, più come portato di un impegno di coppia, che come attività svolta ‘di per sé’).

Nello stesso tempo, è opportuno sottolineare che né gli uomini, né le donne problematizzano tale permanenza di titolarità femminile nei lavori domestici e di cura. A questo riguardo, sarebbe interessante capire se, per le donne, ciò sia una sorta di ‘prezzo’ pagato per mantenere l’unità della coppia o se, invece, non giochi anche una loro consapevolezza di accentuare così la propria centralità nelle dinamiche familiari.

Il secondo aspetto di differenziazione riguarda il fatto che le donne tendono a dare di sé l’immagine di una molteplicità di interessi con cui riempiono il proprio tempo (una sorta quasi di ‘cinquina’ costituita da attività domestiche, amiche, leggere, cinema-teatro, palestra), mentre gli uomini tendono a nominare un’unica attività, quasi sempre compiuta singolarmente. Come se le donne, ‘questo’ tipo di donne (di norma professionalmente impegnate e con marito e figli) trasferisse nel tempo che si libera dal lavoro, le capacità multi-tasking maturate da adulte (di conciliazione lavoro-casa-figli), così saturando, ma forse, anche strutturando, il tempo a disposizione. Nello stesso tempo, mentre le attività citate dalle donne sono soprattutto culturali o relazionali, quelle citate dagli uomini implicano, spesso, non solo una qualche manualità e/o un ritorno in termini di utilità – individuale o sociale, ma, anche un ruolo decisamente più attivo.

Un terzo elemento di differenziazione riguarda l’inserimento sociale. Se è noto il maggior ruolo giocato, per le donne, dalla rete amicale, è interessante sottolineare che, per esse, le amicizie vedano sia una maggiore intensità/pervasività dei rapporti, sia una maggiore sistematicità (con le amiche si parla di ‘tutto’ e ci si vede, o almeno ci si sente, molto frequentemente). Gli uomini, invece, sembrano avere una socialità per gruppi e funzionale al ‘fare insieme qualcosa’, piuttosto che allo scambiarsi confidenze o al parlare della propria quotidianità.

Infine, diverso appare il modo con cui si motivano le attività fatte: quasi mai, tra le donne, vengono utilizzate espressioni che ricorrono con una certa frequenza tra gli uomini, quali “ho realizzato che avevo bisogno di un para-lavoro” o, in modo ancora più esplicito, “non sapevo cosa fare, non sapevo come tirarmi fuori”, frasi, queste, che sottendono un’evidente necessità di riempire un tempo che altrimenti sarebbe vissuto come ‘vuoto’ e , assieme, di recuperare un’identità che la fine del lavoro ha messo in discussione.

Certo, le considerazioni sin qui svolte sono, in parte, riconducibili al fatto che i nostri intervistati sono, nella grande maggioranza dei casi, scolarizzati e in buone condizioni socio-economiche (oltre che di salute); sarebbe quindi interessante verificare se esse siano estensibili a ceti sociali meno scolarizzati, in cui le condizioni economiche sono meno favorevoli e meno permettono la possibilità di ricorrere a strategie ‘autonome’ e ‘pacificatrici’ nell’uso del tempo.

[1] La vita di coppia dopo molti anni di matrimonio, dicembre 2017.

[2]Invecchiamento e differenze di genere’, Associazione Nestore, Milano, 2017

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Carla Facchini è Presidente dell'Associazione Nestore, già Professore Ordinario di Sociologia della Famiglia, Universita Milano Bicocca.

Un Commento

  1. Bruno 28 Ottobre 2018 at 15:14 - Reply

    Signori mi riconosco a pieno nell’articolo pubblicato.
    Sono andato in pensione lo scorso anno e faccio una titanica fatica nel cercare di riempire il mio tempo dilatatosi in maniera spropositata.
    Purtroppo non ho creato e curato amicizie nel passato ed oggi ne pago l’atroce conseguenza ma mi ritengo una persona aperta e cordiale.
    Mi sono anche risolto ad andare da un conoscente psicotrerapeuta per chiedere conforto ed indicazioni e qualcosa ho ottenuto, certo che non mi devo considerare un “malato” di depressione ma un uomo che ha bisogno di ritrovare una strada…
    Io sento la mancanza, sopratutto di “relazioni” e, iscrivendomi ad una nascente associazione, mi auguro di sopperire un pò al problema ma, signri, non credevo fosse così difficile essere un Senior….

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