Con noi, dopo di noi

La cosa più importante per un genitore è esser certo che i propri figli stiano bene, che siano sereni e al sicuro, oggi e domani, anche quando lui, o lei, non ci sarà più.

Questo vale per tutti e vale, forse ancora di più, per i genitori di ragazzi con disabilità.

Secondo Istat[1], sono oggi circa 2 milioni e 300 mila le famiglie nelle quali vive almeno una persona con limitazioni gravi; una fetta di popolazione ampia che merita attenzione e appoggio.

Gli aiuti statali destinati al supporto alle disabilità spesso però non bastano, e le evidenze sono molte. Secondo Istat, il 32,4% delle famiglie riceve infatti sostegno da reti informali. Conciliare lavoro e attività di cura risulta spesso difficile e dunque molti genitori sono costretti a rinunciare alle proprie ambizioni per il bene dei figli. Istat ci racconta che solo il 24,5% ha almeno un componente della famiglia in una posizione apicale o intermedia nella propria attività lavorativa (nel resto delle famiglie è il 30%) e il 9,6% ha almeno una persona disoccupata (7,3% nel resto delle famiglie).

È evidente, servono aiuti seri, che diano forza e supporto continuo, presente e futuro.

I progetti e servizi che aiutano le famiglie a vivere “l’oggi” fanno parte del cosiddetto ‘Durante Noi’.

A titolo di esempio sono previste detrazioni Irpef per ogni figlio portatore di handicap fiscalmente a carico, deduzioni dell’intero importo delle spese mediche generiche e di assistenza specifica, detrazioni Irpef e Iva agevolata per l’acquisto di veicoli o altri mezzi di ausilio e sussidi tecnici e informatici, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, per le spese legate all’assistenza personale, e così via.

A questi supporti si aggiungono le prestazioni assistenziali o previdenziali pubbliche (assegno mensile, indennità di accompagnamento, pensione di inabilità, etc.) che forniscono aiuti economici ai disabili. I requisiti, gli importi e le durate di godimento delle prestazioni variano in funzione del reddito e della tipologia di disabilità e meritano dunque valutazioni attente e personalizzate in relazione alla propria situazione. Qui, il consiglio è quello di individuare organizzazioni territoriali serie e competenti e di affidarsi a loro con fiducia per la buona gestione della propria economia personale.

La stabilità nel presente è infatti la conditio sine qua non per una stabilità futura.

Come essere sicuri che quando non ci saremo più i nostri figli potranno contare su un contesto economico solido e vivere in un ambiente favorevole, affettuoso e generoso? 

Gli aiuti finalizzati al supporto “dopo di noi” sono svariati e la legge n.112/2016, entrata in vigore il 25 giugno 2016, meglio nota come legge sul “Dopo di noi”, ha contribuito a rafforzarne alcuni.

Il “Fondo per l’Assistenza alle Persone con Disabilità Grave prive del Sostegno Familiare” mette ad esempio a disposizione risorse destinate a favorire percorsi di supporto alla domiciliarità, a sviluppare programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile delle persone con disabilità grave.

Esistono inoltre specifiche agevolazioni fiscali per liberalità in denaro o natura. Le polizze assicurative consentono di designare liberamente il beneficiario delle somme assicurate. I trust prevedono la destinazione di beni (mobiliari o immobiliari) a vantaggio di beneficiari gravemente disabili, con lo scopo di realizzare un programma su misura alle loro esigenze. I cosiddetti “vincoli di destinazione” danno invece la possibilità di apporre con atto pubblico, su beni immobili e beni mobili iscritti in registri pubblici, un vincolo di destinazione per la realizzazione di interessi “meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità”, per un periodo non superiore a novant’anni o per la durata della vita del beneficiario. I fondi speciali sono invece composti da beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario, anche a favore di onlus.

Tutti questi strumenti possono aiutare i familiari a garantire un futuro dignitoso ai propri cari, dare loro protezione, affetto e cura. Non tutto, però, è adatto a tutti: ogni nucleo ha caratteristiche, desideri e volontà specifiche e quindi ognuno dovrà valutare con attenzione pro e contro di ogni soluzione.

Certo, per chi ha disponibilità economiche elevate, sarà un po’ più semplice organizzare per tempo l’assistenza futura del figlio; occorrerà accertarsi di pianificare bene l’uso di supporti pubblici, disponibilità economiche ed immobiliari personali, individuare una persona di fiducia in grado di gestire il tutto, ed una seconda con funzioni di controllo sulla corretta gestione.

Se però le risorse a disposizione sono limitate, c’è il rischio che con il passare del tempo il denaro finisca e che i figli si trovino in difficoltà.

Dunque, che fare? Rimboccarsi le maniche e cavarsela da soli o unire le forze e fare rete?

Immaginiamo tre famiglie; ciascuna di loro può contare su una pensione di inabilità per il figlio, una casa di proprietà e un po’ di risparmi sul conto corrente.

L’uso individuale delle risorse permetterà alla persona disabile di vivere consumando piano piano le risorse a disposizione per un certo numero di anni, e di affrontare da sola eventuali imprevisti.

E se invece si scegliesse di fare un “uso comunitario” dei beni a disposizione? Parte delle risorse economiche “del gruppo” servirebbero a pagare le spese quotidiane, a stipendiare personale qualificato per l’assistenza e a sostenere i costi di un’abitazione in comune (cohousing / casa alloggio). Il denaro rimanente (ad esempio parte delle prestazioni pubbliche e gli eventuali canoni di affitto derivanti dalla messa a reddito degli immobili) potrebbe essere destinato a garantire una buona qualità di vita per un tempo probabilmente maggiore.

Anche in questo caso, la mutualità è uno strumento fenomenale che contribuisce a rendere più forte il singolo.  Condividere un progetto e cercare insieme una soluzione, infatti, allevia il senso di solitudine, crea legami nuovi, libera pensieri comuni e aiuta a costruire un buon futuro, per i figli e per se stessi.

foto vchal su licenza iStock

[1] Fonte: Istat 2019, Conoscere il mondo della disabilità: persone, relazioni e istituzioni

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Francesca Bertè è Partner Progetica e vicepresidente di Eqwa, Impresa sociale nata per diffondere e sviluppare riflessioni, studi e comportamenti finalizzati a dare benessere ai cittadini attraverso sistemi e strumenti di welfare. Progetta e realizza percorsi formativi di educazione e pianificazione finanziaria. Svolge attività di ricerca su fenomeni sociodemografici, modelli di welfare e politiche sociali, con focus sul ciclo di vita economico delle famiglie. E’ Educatore Finanziario conforme alla norma tecnica UNI 11402. E' autrice, insieme a Sergio Sorgi, del saggio "Felicità cercasi" (2020) e Fiducia sostantivo plurale (2022), editi da Egea.

Un Commento

  1. Bruno 29 Marzo 2021 at 12:16 - Reply

    Carissimi
    Avete scoperchiato un altro dei “vasi di Pandora” che ingorgano il Nostro Paese.
    Io ho contratto la poliomielite all’età di 6 mesi che mi ha colpito la gamba destra. Giovane e vigoroso, non mi fermava nulla e, zoppicando vistosamente ed aiutandomi con la mano sul ginocchio, camminavo a fatica. Mia mamma mi ha fatto costruire ed indossare moltissimi apparecchi (costosissimo) che mi tenevano la gamba rigida senza che nessuno ci rimborsasse nulla. Da adulto ho dovuto servirmi di bastone e grucce.
    Mia madre vedova a 38 anni, non mi ha fatto mancare nulla e mi ha supportato ed accompagnato fino alla maggiore età aiutandomi a diventare indipendente MA non tutti i portatori di handicap possono godere di una famiglia “forte” e della opportunità di inserirsi nella Società anche lavorando.
    E questo è. secondo me, uno dei punti cardine. I portatori di handicap, nel Nostro Paese sono ancora visti come “una rottura di scatole” dal mondo del lavoro mentre, invece, io posso testimoniare che, tra i portatori di handicap che sono riusciti a trovare un lavoro, c’è gente ingambissima anche più dei “normodotati”. La legge che prevede l’inserimento lavorativo, in Italia, non è rispettata da, almeno il 90% delle aziende e nessuno effettua i controlli del caso inventando le scuse più becere possibili.
    Se un portatore di handicap si rende autonomo col lavoro, la famiglia tira un sospiro di sollievo, contrariamente è la dannazione per i genitori !

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