Incontrarsi
Il mio Professore di autobiografia presenta il suo ultimo libro a Torino e ci sarò.
Eccolo, è seduto sul palco del bel salone illuminato dal grande lampadario di Murano, e naturalmente, per parlare in pubblico, si è tolto la mascherina: è un senior distinto, capelli candidi con qualche onda, la pelle scura che sa di passeggiate all’aria aperta, il sorriso empatico; non è invecchiato per niente in questi ultimi anni, ed io lo conosco bene perché avevo seguito due corsi con lui, quando essere in presenza era la normalità, e alla fine l’avevo omaggiato di un ritratto acquarellato : – Mi hai ringiovanito di 20 anni! – mi aveva canzonato sorridendo.
Durante il lockdown ho seguito in streaming un atelier di scrittura diretto da una sua adepta molto in gamba, che ora è lì con lui, ma non la riconosco per niente, infatti in Zoom vedevo solo il suo viso e i suoi capelli che mi parevano più ricci e più biondi… ora in presenza neppure la riconosco e non immaginavo che fosse di bassa statura! Lei mi saluta e io ricambio un po’ stranita. C’è anche Carla, un’altra del corso con la quale ho parlato tante volte ma qui, in presenza, mi pare un’estranea…
Il libro che viene presentato dal Maestro è interessante, parla dell’essere senior, dove “all’antica” non è un luogo comune o un pregiudizio, ma qualcosa di autentico e buono, dove ”essere all’antica” arricchisce e non sminuisce il nostro modo di esistere, per non essere sempre travolti e contagiati dal presente.
Interessanti gli interventi del pubblico, faccio anch’io una considerazione ad alta voce e poi, mentre esco dalla coda dove mi sono fatta autografare il libro, ma in realtà per salutare il professore che mi ha riconosciuta, vengo fermata da una bella signora vivace della quale riconosco subito la voce, come lei ha riconosciuto la mia: è Paola: avevamo seguito insieme i corsi anni fa col professore, quando essere in presenza era la normalità.
Ricordo tutto di Paola e persino tanti tratti significativi della sua autobiografia e anche lei di me, nonostante siano passati almeno 5 o 6 anni. Ci lasciamo contente, con un appuntamento ad un prossimo evento e subito, in treno, le mando un messaggio di gioia per esserci rincontrate. Invece le altre due signore che ho conosciuto in Zoom, a rivederle, mi hanno lasciato quasi indifferente e non ricordo niente dei loro scritti.
Non posso fare a meno di pensare, caso mai fosse necessario, che conoscersi e frequentarsi in presenza è naturale e significativo, lascia il segno, permette il nascere di una conoscenza, di una simpatia, mentre noto che la conoscenza in streaming per me è stata superficiale e algida e non mi ha permesso un moto affettivo spontaneo quando ho visto in presenza le persone stesse e me ne dispiaccio.
Come ex insegnante penso ai ragazzi a scuola in streaming, durante il lockdown, penso a quanto deve essere loro mancata la presenza che vuol dire socialità, affettività, empatia, confidenza, o anche antipatia e diffidenza, ma tutte emozioni o sentimenti regalati dalla realtà e come tali con una valenza di autenticità che tocca nel profondo l’animo e nutre la nostra umanità.
Certo, lo so, l’abbiamo detto tante volte che l’incontro, la lezione al computer è meglio di niente, un palliativo utile a mitigare il nulla, ma… Tutti questi pensieri mi hanno accompagnato fino ad oggi e credo proprio che io non seguirò più alcun corso al computer… e naturalmente non posso che augurare ai ragazzi, pandemia permettendo, la scuola vera, dove la presenza è la base di ogni apprendimento.
Silvia Ghidinelli è Presidente dell’Unitre di Fossano e cura l’invecchiamento attivo dei senior della sua città, anche come docente del Laboratorio “Piacere di leggere”. E’ membro attivo dell’Associazione culturale Cicerone e si spende per far conoscere agli studenti l’arte del territorio a Km 0. Si dedica quindi ai senior e ai giovanissimi
Gentile ed educatissima signora.
Io ho 70 anni ed utilizzo la tecnologia informatica, ormai, per una infinità di incombenze quotidiane che, altrimenti mi ruberebbero una infinità di tempo, ma comprendo il suo voler tenere le distanze dalla tecnologia nei meeting siano essi per insegnare che per incontrarsi mentre mi dispiace constatare che, proprio perchè lei è una insegnante non giovanissima, questo suo atteggiamento si accentua.
I nostri ragazzi (dai 0 al 30 anni) sono nati in un mondo abissalmente diverso da quello nel quale nascemmo noi e, per loro, è, certo un problema non poter socializzare come prima ma sono perfettamente in grado di imparare anche via pc. Se non imparano è perchè non lo vogliono e, come facevamo noi, si inventano tutte le scuse del caso, Non meravigliamoci !
Invece credo che proprio noi “anziani” dovremmo ingegnarci per restare a fianco dei giovani e passar loro quello che abbiamo imparato senza presunzione e senza far cadere le cose dall’alto mantenendo, invece, quella “autorevolezza qualitativa” indispensabile per forgiare nuovi uomini degni di entrare nella Società
qualunque essa sia ! Anche totalmente tecnologica !
Gentile signor Bruno,
sono d’accordo con lei che la tecnologia serva e la uso da diversi anni; attualmente insegno in una Unitre e ho fatto diverse lezioni lo scorso anno via Zoom (la dad), ed è stato meglio di niente, d’accordo. Sono stata insegnante per 40 anni e mi permetto tuttavia di pensare, come del resto pensano molti pedagogisti, che imparare è ascoltare, innamorarsi delle idee, ripeterle, confrontarsi, condividerle con un interlocutore/ docente che ti accoglie col suo sguardo, ti incoraggia… Ma un interlocutore vero, in presenza, non a mezzo busto, che guardi attraverso il filtro di uno schermo; e anche lui non guarda te, ma guarda uno schermo….e tu non sei nel suo raggio d’azione…. Insomma, siamo umani e impariamo tra umani.
E mi viene in mente l’ultima strofa della bella poesia di Danilo Dolci:
C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
Laddove nulla può fare la tecnologia!
Grazie comunque del suo commento!