Essere buoni antenati

«L’ultimo vestito non ha tasche», dice un vecchio proverbio.  Quando una persona viene a mancare, una delle incombenze più gravose che restano in capo ai suoi cari è quella di fare ordine tra le sue cose.

Chi l’ha vissuto sa che è un’esperienza difficile: come rivedere dall’inizio il film della propria vita vissuta insieme al proprio caro che ora non c’è più. Svuotare la casa dei mobili e degli oggetti, scegliere cosa tenere, immaginando cosa avrebbe voluto farne chi ora non c’è più…

Il tema è delicato sia da un punto di vista psicologico, sia da un punto di vista economico.

Occorre infatti risalire ai beni in possesso, recuperare eventuali polizze sottoscritte in vita, gli investimenti, il fondo pensione, il TFR per non rischiare di perdere pezzi preziosi del puzzle.

Verrebbe da chiedersi, perché tutto questo non è stato fatto prima?

In Svezia esiste una pratica molto bella, chiamata “dostadning” («pulizia della morte»), che consiste nel «fare ordine alle proprie cose» a partire dai 65 anni, per liberarsi del superfluo e risparmiare a chi resta la fatica fisica e psicologica di un riordino tra caos e carte.

Tecnicamente, tutto questo si chiama pianificare il proprio passaggio generazionale.

Molti di noi tralasciano il discorso per scaramanzia; altri pensano che possa intaccare la fiducia reciproca; altri ancora preferiscono non pensarci semplicemente perché sottovalutano le conseguenze di una mancata pianificazione.

Capita però spesso che la maggior parte delle persone si trovi costretta a pensarci nel momento peggiore: quando accade una crisi, un lutto, un grave imprevisto… Le emozioni negative a quel punto impediscono di pensare lucidamente, con il rischio di prendere decisioni affrettate, inefficienti e di litigare.

Ma da dove si parte?

In estrema sintesi, per assumere piena consapevolezza sul passaggio generazionale ognuno di noi dovrebbe porsi alcune semplici domande, a cui corrispondono specifiche attività di analisi.

  • A chi desidero lasciare i miei beni? La prima domanda parte dai nostri desideri e aspettative e richiede di riflettere sui destinatari della nostra eredità. Dovremmo infatti essere liberi di destinare a chi desideriamo il patrimonio che siamo stati in grado di costruire. L’esito è una lista più o meno lunga di persone che rappresenteranno i nostri «eredi ideali». In seguito verificheremo se l’idealità combacia con quanto la legge ci permette di fare, oppure no.
  • Quali beni lascio? La seconda cosa da fare è una check list dei beni a disposizione, utile all’individuazione dell’asse ereditario, ossia il complesso dei beni, diritti e obbligazioni che ricadono nella successione degli aventi diritto. Nell’asse ereditario rientrano anche i beni immobili, le aziende e società. Censire i beni è uno step fondamentale che deve essere effettuato con grande cura. Può infatti essere difficoltoso a posteriori individuare tutti i beni in possesso, rendendo necessarie ricerche approfondite per determinare con esattezza i beni immobiliari e non, di proprietà del cosiddetto «de cuius».
  • A chi posso lasciare i miei beni? E’ il momento di verificare cosa la legge ci permette di fare. Non è infatti scontato che i nostri desideri combacino con quanto previsto dalla legge.

In Italia le norme che regolano il passaggio generazionale sono ben precise e devono essere verificate con cura. Se la persona muore senza lasciare testamento, la successione è interamente regolata da norme di legge.  Gli eredi legittimi sono il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli e le sorelle e i parenti sino al sesto grado di parentela. Se non vi sono parenti entro il sesto grado, l’eredità viene devoluta di diritto allo Stato, che risponderà anche di eventuali debiti. Non rientrano nella categoria degli eredi legittimi le persone che fanno parte di nuclei familiari “nuovi”, come ad esempio i conviventi, i «genitori sociali», i «figli sociali» e così via.

  • Ci sono imposte da pagare? A questo punto, in funzione dei beni individuati e delle persone coinvolte, occorrerà domandarsi quali imposte andranno pagate per entrare in possesso dell’eredità. C’è una buona notizia: l’imposta di successione italiana è tra le più basse a livello europeo, con aliquote che oscillano tra il 4 e l’8% (in alcuni paesi europei si supera il 60%).

In Italia le imposte di successione variano in funzione della tipologia di bene ereditato e della persona che ne entra in possesso. L’importo da pagare si ottiene applicando alla base imponibile, decurtata dell’eventuale franchigia, diverse aliquote, che variano a seconda del rapporto di parentela esistente. Come è facile intuire, le imposte sono particolarmente generose se rivolte a dei parenti stretti e molto meno se ad entrare in possesso di un bene è ad esempio un convivente.

  • Cosa posso fare? Se dall’analisi effettuata sino a qui è emerso che gli eredi desiderati non corrispondono (in tutto o in parte) agli eredi legittimi, o se abbiamo necessità di ottimizzare l’imposizione fiscale legata alla successione, allora è il momento di attivarsi e pianificare.

Oltre alla quota legittima (vincolata per legge e riservata ai parenti entro il 6°grado) possiamo infatti disporre di una quota disponibile. La quota disponibile, definita per legge, corrisponde a quella parte di patrimonio che possiamo liberamente destinare a chiunque, indipendentemente dalla presenza o meno di eredi legittimi. Attraverso l’utilizzo di strumenti coerenti (tra i principali ricordiamo il testamento o la polizza vita) possiamo infatti di «liberare una quota della successione legittima», variabile in funzione della numerosità degli eredi legittimi esistenti, per proteggere chi amiamo ma che non rientra nelle gerarchie standard.

In sintesi, ognuno di noi dovrebbe prendere in mano le redini della propria vita e affrontare con coraggio e solidità il proprio passaggio generazionale.

Trattandosi di un tema tecnico che presenta numerose pieghe e specificità, l’invito è sempre quello di farsi accompagnare da professionisti in grado di fotografare la nostra situazione e di aiutarci a scegliere la strategia più adatta a noi.

Gestire il passaggio generazionale è, in conclusione, un gesto di grande responsabilità nei confronti delle persone a cui vogliamo bene e di rispetto per tutto ciò che siamo riusciti a costruire nel corso della nostra vita.

Un vecchio proverbio indiano dice «Non ereditiamo la terra dai nostri antenati; la prendiamo in prestito dai nostri figli» e, se ci fermiamo un attimo a riflettere, è proprio questo il senso di pianificare il proprio passaggio generazionale: essere un «buon antenato».

foto Casper1774Studio su licenza iStock

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Francesca Bertè è Partner Progetica e vicepresidente di Eqwa, Impresa sociale nata per diffondere e sviluppare riflessioni, studi e comportamenti finalizzati a dare benessere ai cittadini attraverso sistemi e strumenti di welfare. Progetta e realizza percorsi formativi di educazione e pianificazione finanziaria. Svolge attività di ricerca su fenomeni sociodemografici, modelli di welfare e politiche sociali, con focus sul ciclo di vita economico delle famiglie. E’ Educatore Finanziario conforme alla norma tecnica UNI 11402. E' autrice, insieme a Sergio Sorgi, del saggio "Felicità cercasi" (2020) e Fiducia sostantivo plurale (2022), editi da Egea.

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