Uomini e donne: differenti tassi di occupazione, differenti lavori

Come accennato nel mio intervento di settembre su questo sito, in Italia si rileva una fortissima relazione tra il livello di scolarità delle donne e il loro tasso di occupazione. Sulla base dei dati Multiscopo Istat 2012, si è così evidenziato che, tra le donne di 55-64 anni, il tasso di chi è casalinga risulta pari a circa il 50% tra quante hanno una scolarità molto modesta, al 40% tra chi ha un scolarità media, ma scende al 22% tra chi ha un diploma e a poco più del 12% tra le laureate.

Riprendendo le considerazioni di settembre, si può ritenere che diverse siano le motivazioni alla base di questa relazione.

La più rilevante è che, se in generale le professioni cui si accede con una laurea o, specie nelle generazioni meno giovani, con un diploma, comportano, di norma, sia migliori condizioni lavorative (in termini di orari e di minore gravosità), che migliori stipendi, per le donne, tradizionalmente titolari del lavoro di cura, ciò ha due effetti particolarmente positivi.

Da un lato, orari meno impegnativi e lavori meno faticosi agevolano la conciliazione tra ruolo lavorativo e ruolo familiare; dall’altro, retribuzioni più consistenti rendono conveniente il ricorso ad aiuti domestici retribuiti e comportano, quindi, che la permanenza nel mercato del lavoro rimanga comunque vantaggiosa anche in presenza degli impegni che derivano dalla costituzione di un proprio nucleo familiare.

A questa motivazione se ne affianca un’altra che fa riferimento alle caratteristiche di chi intraprende studi superiori: si può infatti ragionevolmente ipotizzare che la scelta di proseguire gli studi, oltre ad essere, ovviamente, condizionata dalle caratteristiche sociali familiari, sia effettuata soprattutto da quelle ragazze (e incoraggiata da quei genitori) che considerano la collocazione lavorativa una componente fondamentale dell’identità adulta e che attribuiscono una grande importanza all’autonomia economica delle donne, che formino o meno una propria famiglia. Vale a dire che le donne che intraprendono studi superiori lo fanno (e soprattutto lo hanno fatto nelle generazioni meno giovani) con una chiara intenzione di ‘non’ essere casalinghe.

Quello che ora interessa rimarcare è che questa relazione positiva tra tasso di occupazione femminile e livello di scolarità comporta che le donne siano più spesso collocate, specie come impiegate, in quei settori della pubblica amministrazione che, come l’‘Istruzione’ e i ‘Servizi sociali’, richiedono una laurea o almeno un diploma.

In effetti, come mostra la tabella n.1, lavora nell’Istruzione, nella Sanità o nei Servizi sociali il 10,4% degli uomini, ma ben il 27,8% delle donne; se poi considerassimo specificamente le laureate, questa percentuale supererebbe il 48%, dato che il 37% di esse è collocato nell’Istruzione e l’11,1% nella Sanità o nei Servizi sociali.

Tab. n. 1. Settore di attività economica degli occupati e dei non occupati che hanno lavorato in passato * Sesso (età 55-64 anni)

grafico facchini

Fonte: elaborazione autonoma dati Multiscopo Istat 2012

Vale a dire che le donne adulte, specie se coniugate e con figli, trovano occupazione soprattutto in quelle occupazioni caratterizzate da retribuzioni contenute, ma anche da orari e condizioni lavorative meno pesanti.

In particolare, la consistente presenza delle donne con un’elevata scolarità in occupazioni qualificate e che, di norma, vedono un’elevata identificazione con il proprio lavoro, suggerisce che la transizione al pensionamento richieda, per molte di esse, un processo di elaborazione non semplice, in modo non dissimile da quello che caratterizza tradizionalmente gli uomini fortemente centrati sulla loro identità lavorativa.

Ma suggerisce anche che questa problematicità sia maggiore nei casi in cui la mancanza di una propria famiglia di elezione, o la modesta qualità delle relazioni familiari, non siano compensate da una forte rete amicale e da un complessivo inserimento sociale che siano in grado di offrire opportunità per rendere ricco e vitale il periodo che si apre con la fine dell’attività lavorativa.

 

Condividi questo articolo

Carla Facchini è Presidente dell'Associazione Nestore, già Professore Ordinario di Sociologia della Famiglia, Universita Milano Bicocca.

Lascia un commento