Boomer: cervelli in fuga e poi?

È di queste settimane l’applicazione della quota 100 per richiedere la pensione. Al di là di opinioni politiche e demografiche, questo evento ha un pregio e cioè quello di portare in primo piano la gestione della fuoriuscita dal mondo del lavoro di over 60. Anche loro cervelli in fuga, e in questo momento, pare vadano di corsa.

Foto di rawpixel da Pixabay

Chi oggi è vicino ai 60 anni e lavora, oltre ad essere frastornato e confuso per cercare di capire quando e come andrà in pensione, ha ancora diversi anni di lavoro davanti – da due a circa sei dipende dai governi. Come li passerà? A fare cosa? Con chi? Che fine farà quello che ha imparato in decenni di attività professionale? Lo trasmetterà?

In questo momento gli over 55 occupati sono poco più di 4,5 milioni, è la coda lunga dei Baby Boomer (nati tra il 1946 e il 1964) che ingrosserà le fila dei pensionati prima dell’arrivo dei più grandi della X Generation, anche loro con numeri non da poco.

Un numero rilevante che rappresenta il 20% degli occupati, i più giovani di loro hanno circa 55 anni, i più grandi poco più di 70.

Detengono un sapere importante in termini di competenze, relazioni, esperienza e sensibilità strategica – quella che è in grado di capire al volo da dove possono arrivare i problemi prima ancora che le opportunità – tanto per capirci, e che spesso viene interpretata come resistenza al cambiamento (in effetti altrettanto spesso lo è).

È di questi giorni un articolo sui Boomer più adulti americani che hanno appena lasciato o che lasceranno a breve il lavoro. L’ articolo propone un punto di vista un po’ diverso dal solito: intervista i neo-pensionati per sapere come i datori di lavoro si sono attrezzati o si stanno attrezzando per gestire la loro uscita.

In pratica non lo fanno. O almeno non ancora.

Il dato sorprendente è che meno di 1 su 2 è riuscito a trasferire solo metà, ma spesso meno, delle sue conoscenze al successore, mentre solo 1 su 5 ha potuto trasferire tutto il suo bagaglio professionale in modo organizzato e pianificato.

E in Italia? Non è che le cose vadano meglio, è vero che cominciano ad esserci aziende che si stanno occupando del trasferimento di know-how, e che cominciano a chiedersi anche come far stare meglio i lavoratori agé con politiche di Active Ageing mirate, ma non basta.

Eppure … sarebbe una straordinaria opportunità per le aziende, per le persone, per la società e persino per lo stato, quella di offrire percorsi di preparazione all’uscita dal mondo del lavoro a chi oggi si appresta ad entrare in questa nuova fase di vita.

Qualcuno[1] si è preso la briga di fare i conti: pare che “… la fase del pensionamento preveda più o meno lo stesso numero di giorni, settimane, mesi e anni di altre fasi della vita, ad es. dalla nascita alla laurea ci sono circa 8.000 giorni[2], dalla laurea alla mezza età altri 8.000, e dalla crisi di mezza età al primo giorno in pensione? Si, proprio cosi, hai indovinato – 8.000 giorni.”

8.000 giorni è un numero mica da poco, corrisponde a circa 22 anni.

Introdurre in modo strutturale nelle policy aziendali progetti per questa fascia d’età porterebbe a scoprire, ad esempio, che molti vorrebbero approfondire il loro lato creativo[3]; attrezzarsi per tempo a realizzare un progetto professionale o personale solo pensato per anni; lasciare un segno sul posto di lavoro non solo trasferendo il sapere accumulato in 30 anni e più di esperienza ma anche rinnovarlo combinandolo con il sapere portato dalle generazioni più giovani; si diminuirebbero i casi di depressione all’inizio del pensionamento a cui si arriverebbe più preparati e con qualche idea in testa da perseguire, così facendo si manterrebbero più in salute le persone e più felici.

Insomma, si potrebbe pensare a gestire competenze e talento anche dei senior, prima che fuggano.

[1] A Lyft Driver Reveals 3 Surprises About Life In Retirement, articolo su Forbes, J. Coughlin, Founder Age Lab, MIT Boston.

[2] Giorni contati in base all’età in uscita dalle università americane.

[3] Una grande realtà nel settore bancario-finanziario italiano ha chiesto nel 2016 ai propri dipendenti senior a quali progetti formativi avrebbe voluto partecipare, il 60% dei rispondenti ha proposto laboratori di pensiero creativo.

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Futurista, sociologa, shadow coach, speaker e fondatrice di Generation Mover, si occupa di convivenza generazionale in azienda da un decennio. E’ autrice di ricerche e analisi dei comportamenti generazionali sul lavoro, e di progetti aziendali utili a sviluppare e utilizzare i talenti di tutte le generazioni con una metodologia specifica basata su un approccio di Futures Literacy

Un Commento

  1. PIERA 22 Febbraio 2019 at 17:25 - Reply

    La professione insegnante e per esteso del pubblico impiego, è perseguitata dalla impietosa polemica popolare verso i cosiddetti ed impliciti relativi doveri professionali che , hanno poco da spartire con l’inettitudine e l’assenteismo , lamentati di frequente da chi non è mai stato partecipe a tali e complessi compiti .
    La categoria docente e del pubblico impiego, pur se retribuita ai limiti del ridicolo persiste, tra mille impedimenti morali e materiali, negli ingrati compiti per cui vengono preposti, attraverso selezioni di carriera a carattere ultra trentennale, condizionate a livelli giuridici e chilometriche liste d’accesso, da considerare valide ad ogni latitudine nazionale e senza alcuna trasferta mensile, caratterizzate da scatti di carriera infinitesimali che, costituiscono la generale considerazione e condizione mantenuta al riguardo dal governo in carica prima e, dai cittadini tutti di conseguenza . Con pesanti ripercussioni sulle specifiche strutture d’esercizio, fatiscenti e con contenuti programmatici inadeguati ai mezzi e fini per cui sono stati realizzati dalle commissioni esterne e dominanti .
    Da verificare in loco sono le strutture preposte a tali compiti dalle amministrazioni locali che, spesso prive di sussidi degni di tal nome e arredo consono per ogni fascia d’età, sono distribuiti sempre in numero insufficiente alla platea scolastica e mal monitorati, utilizzati senza ritegno, anche da chi dovrebbe sorvegliarne l’uso . Gli spostamenti interni non obbediscono ad alcuna causa d’impiego razionale . Inesistente ogni e relativa ubicazione degli spazi adoperati;
    In alcun altro settore retributivo si prelevano le gabelle dovute direttamente in busta paga, sostenendo in maniera coatta ogni categoria posta a rischio dalla amministrazione di stato, per mantenere in vita popolazioni di disoccupati, evasori, irregolari immigrati, barboni …
    Vorrei considerare i reali privilegi di cui si disquisisce a sproposito con, un salario che non consente certo accesso a paradisi fiscali e/o ulteriori attività lucrative !
    PENSIONE … UNICA CHIMERA RIMANENTE !!

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