Invecchiando si diventa fragili ?

Da parecchi anni incontriamo la parola “fragilità” per descrivere le debolezze e le disabilità associate all’invecchiamento. Sebbene non ci sia un accordo completo tra i medici sulla definizione di fragilità, la maggior parte concorda sul fatto che si tratti di una “sindrome” cioè di una condizione di anormalità. Da questo se ne deduce che la “sindrome della fragilità” è caratterizzata da una quantità di fattori interagenti: Kenneth Rockwood nel 2005 ne ha definito la complessità e l’elaborata interazione che si associano a creare la sindrome stessa. I più comuni includono l’inattività fisica, la malattia, lo stato nutrizionale, le condizioni intellettive, lo stato socio-economico, la spiritualità, la condizione residenziale e legale e, non ultima, l’età. Di questi fattori, quelli più comunemente citati sono legati all’attività fisica e alle condizioni cardiovascolari. Le misure più comuni usate per valutare il decadimento fisico sono quelle di eventuali deficit nella percezione sensoriale, diminuzione delle attività quotidiane e la riduzione nella mobilità e nella agilità. L’importanza della prestazione fisica come indicatore di fragilità è stato enfatizzato da molti autori italiani, tra cui spiccano gli studi di Ferrucci e collaboratori, che individuano come sine qua non la forza muscolare, l’equilibrio, la mobilità e in generale tutti i processi motori che ci consentono di vivere la quotidianità. Altrettanto importante è lo stato nutrizionale, in particolare per quanto concerne la perdita di peso: spesso il peso viene mantenuto con una perdita di tessuto muscolare a vantaggio del tessuto grasso per cui si è iniziato a parlare di obesità sarcopenica, cioè una composizione corporea alterata in cui il senior è cicciottello ma i suoi muscoli sono filiformi. Per cui apparente benessere, ma in realtà deficit funzionale.

Nella canzone del rapper Moreno Feat “Interruttore generale” si dice: “l’interruttore generale non si è spento, è un po’ appannato, ma lo sento…”. Così è la fragilità: non è una condizione presente o assente, come un interruttore di accensione o spegnimento. Il declino varia da persona a persona proprio perché le condizioni che lo causano sono differenti e si declinano in modo altrettanto vario. Il nostro organismo cerca di mantenersi sempre in un equilibrio vantaggioso, ma adagio adagio il sistema non riesce più a compensare i cambiamenti, il che si traduce nell’aumento del livello di vulnerabilità dell’individuo. Tutto ciò sta a significare che la fragilità è chiaramente un processo non istantaneo: con la possibile eccezione di esperienze catastrofiche, in generale il senior non si sveglierà dalla sera alla mattina in condizioni di fragilità. Ciò che si è rovinata è la riserva fisica funzionale, cioè quanto un soggetto deve utilizzare in termini di energia per compiere uno specifico compito o per mantenere uno specifico livello di attività. Ecco che da una parte una corretta nutrizione e dall’altra un’attività fisica, sotto la guida di un personal trainer qualificato, consentono un approccio olistico al problema, facendo sì che i nostri muscoli si mantengano il più possibile efficienti a tempo di rap.

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Già primario di riabilitazione specialistica dell’ospedale L. Sacco di Milano e docente presso l’Università degli Studi di Milano, Silvano Busin é Direttore scientifico di ISSA Europe (International Sports Sciences Association Europe) e della rivista Fitness & Sport.

Un Commento

  1. Spyros 25 Ottobre 2015 at 7:22 - Reply

    Vero io faccio palestra quattro giorni a settimana ,3 ore il lunedi fitball ,kahvakuula,Zumba,2 ore martedi sh’ bam,spinning,2 ore mercoledi astanga yoga,muokkaus,2 ore il venerdi Zumba e bodypump .Mi alzo ogni mattina alle 4,30 per andare al lavoro,per il momento sono in ottama forma .

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