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Ricerche Soluzioni abitative

Senior e casa al tempo del Covid

La percezione della propria abitazione durante il lockdown.

In una precedente nota abbiamo presentato alcuni risultati emersi dall’indagine Istituto Besta – Auser Lombardia – Associazione Nestore condotta nel periodo aprile-maggio 2020 sulla percezione e sul vissuto degli anziani rispetto all’emergenza sanitaria e al distanziamento sociale di quei mesi. Più precisamente, ci siamo soffermati sulle risposte date ad una domanda proiettiva del questionario in cui si chiedeva di associare uno o due termini alla parola ‘tempo’[1].

Nella nota attuale ci soffermeremo sulle risposte date all’altra domanda di tipo proiettivo del questionario, in cui si è chiesto di associare uno-due termini alla parola ‘casa’.

In realtà, come abbiamo precisato nella nota precedente, queste domande sono state rivolte solo ai soci di Nestore coinvolti nella ricerca (poco meno di 60), ma riteniamo che le risposte offrano comunque spunti di un qualche interesse, specie se si considera che non ci risulta ci siano altre ricerche che abbiano utilizzato domande di tipo proiettivo.

Anche in questo caso, useremo un grafico ‘a nuvola’ che, ci sembra, offra un’immagine immediata non solo delle risposte, ma anche della loro rilevanza quantitativa.

Figura n. 1: termini associati alla parola ‘casa’

Come evidenzia il grafico, i due termini che ricorrono più spesso sono: ‘confortevole’ e ‘rifugio’ (rispettivamente 11 e 9 volte, pari a quasi un terzo dei nostri intervistati), seguiti, a una certa distanza da ‘sicurezza’, ‘accogliente’, ‘asilo’, ‘nido’ (5-3 intervistati) e da ‘adeguata’, ‘calda’, ‘cuccia’, ‘luminosa’, ‘silenzio’, ‘lettura/libri’, (2 intervistati ciascuno). Meno frequenti, in quanto citate da una sola persona, altre parole, comunque con connotazione positiva, come, ad esempio, ‘gioia’, ‘privilegio’, ‘ritrovamenti’, ‘comodità’, ‘radici’.

Nove i termini che o hanno una connotazione poco chiara (‘silenzio’, o ‘cuccia’), o che associano un termine positivo ad uno negativo (‘comoda reclusione’, ‘perfetta per la clausura’, ‘piacevole, ma vincolo’, ‘sempre uguale’).

Pochissimi, infine, i termini che hanno una connotazione decisamente negativa (‘noia’, ‘prigione’, ‘vuota’) e citati, tutti e tre, da un’unica persona.

Pur in presenza di un’interessante varietà dei vissuti, la maggior parte dei termini utilizzati ha dunque una connotazione decisamente positiva e copre la grande maggioranza degli intervistati, mentre connotazioni ambigue e, ancor più, negative, riguardano pochi casi.

Tra affettività e rifugio

 Successivamente, ci è sembrato opportuno individuare le sei categorie concettuali a cui rimandano i termini sopraelencati: vivibilità, rifugio, affettività, appartenenza, reclusione, attività svolte.

La categoria concettuale più frequente è quella della vivibilità, cosa che non stupisce se si considera che i soci Nestore hanno un profilo sociale medio-alto e dispongono quindi, almeno tendenzialmente, di abitazioni confortevoli e accoglienti in cui possono gestire con agio gli spazi a disposizione.

Più interessante la seconda categoria, quella del ‘rifugio’ che, se ha certamente una connotazione positiva, lo ha però in relazione ad un ‘esterno’ considerato come potenzialmente pericoloso. Vale a dire che possiamo considerare l’utilizzo dei termini – pur positivi- che abbiamo associato a tale categoria come un chiaro indicatore della pericolosità con cui è stata vissuta la situazione di confinamento.

Meno frequenti i riferimenti alle altre categorie: ‘attività svolte’ (libri/lettura, riordino…), ‘affettività’ (in cui rientrano termini quali: ‘calore’, ‘intimità’, ‘gioia’), ‘appartenenza’ (‘radici’, ‘Heimat’ – parola tedesca che ha una fortissima connotazione affettiva/identitaria); queste ultime, però, ci sembrano di particolare rilievo in quanto segnalano una fortissima relazione affettiva con la casa.

Limitatissimo, infine, il ricorso a termini che rimandano esplicitamente al ‘confinamento’: reclusione pur se accompagnata dalla parola ‘comoda’ (un caso), e ‘clausura’, pur se accompagnata dalla parola perfetta (un caso), e ‘prigione’ – un solo caso, ma ahimè senza alcun aggettivo migliorativo…

Diamo per scontato che le persone abbiano vissuto il lockdown in modi ben diversi a seconda delle loro possibili conseguenze sulle proprie finanze; del contesto familiare e sociale (diverso vivere soli e vivere ‘in famiglia’, in buoni rapporti o con tensioni, o il poter contare o meno su una solida rete amicale); dell’avere o meno patologie che espongono a maggiori rischi sanitari; della ‘qualità’ dell’abitazione, della capacità o meno di utilizzare le nuove tecnologie per comunicare a distanza, o, infine, dei modi con cui piace trascorrere il tempo (diverso rimanere in casa se piace leggere o se si preferiscono attività sportive).

Tuttavia, il quadro che emerge dalle risposte succitate sembra delineare negli anziani intervistati, pur in presenza della chiara problematicità della situazione, una capacità di non farsene travolgere e di trovare, pur nella pericolosità percepita, strategie di fronteggiamento sostanzialmente positive, presumibilmente riconducibili alle capacità, acquisite nel tempo, di non farsi sopraffare dalle difficoltà e dai problemi.

Ovviamente, queste considerazioni valgono in relazione alla prima fase di distanziamento sociale, quando il rimanere a casa ha anche costituito, per molti, l’occasione per sistemare pratiche o ‘cose da fare’ comunque sospese, e, forse, anche per riscoprire la propria abitazione.

Non è infatti scontato che tale percezione positiva permanga anche in queste nuovi fasi.

Da un lato, infatti, il periodo invernale rende meno costringente il rimanere in casa e vi è ormai una ragionevole convinzione di potersi vaccinare nei prossimi mesi.

Dall’altro, però, il permanere ancora abbastanza a lungo del distanziamento sociale e della limitazione della socialità e della libertà di movimento che si cumula a quello precedente tende a comportare che la situazione sempre meno si ponga come ‘eccezionale’, dando luogo ad un’insofferenza diffusa, specie se in presenza di una problematicità economica – probabilmente non tanto per sé, quanto per i propri figli/nipoti.

Foto LightFieldStudios su licenza iStock

[1] Per i risultati complessivi della ricerca rimandiamo sia alla presentazione generale che è stata fatta l’8 maggio 2020 che a quella, più specifica a Nestore, del 10 novembre .

1 Commento

  • una poetica particolarmente vissuta che in tempi non sospetti ho potuto creare :
    MAGIONE DI …….rotellapiera@tim.it
    LA MIA MAGIONE LACRIMA..TRASUDA UMIDITA’
    INTRISA DI DOLORE ..ESSA ..M’ INTERPRETA…QUANDO SORRIDE STANCA
    O PER OGNI CONTESA…POVERA IN QUALITA’ E RIPRESA .
    E’ GESTITA AL SOLLIEVO ED AL TEPORE DA UN CONDIZIONATORE
    CHE CLIMATIZZA ENTRAMBE…O DA SAPIENTI INIEZIONI…
    NE CANALIZZANO LE IDRICHE ESCURSIONI…
    RISPETTO ALL’ ALTRE ESSA E’ IN COSTANTE RIPRESA…VIRTUOSA, CIRCOSPETTA
    COMPLICE MA… PROTETTA, NIDO E SEDE DI GIUSTE RIFLESSIONI, CULLA
    E RITIRO PER INTIME EMOZIONI….
    ALL’OCCASIONE S’ESTENDE…CON RISPETTOSA ATTENZIONE
    D’OGNI MIO MUTO INTERCALARE, COSTRETTA TRA RIVALI APPARISCENTI,
    PRIVI DI CONTENUTO E DI MOVENTI ….

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