I “cammini” nella natura

Scrive un lettore: Mio figlio trentenne mi ha proposto di fare insieme a lui e ai suoi amici un “cammino”. Gli ho chiesto cosa intendesse e lui mi ha spiegato che vanno molto le lunghe camminate a passo lento in mezzo alla natura.

Stavo per dire di sì, ma quando poi ho realizzato che il “cammino” era di 150 chilometri gli ho detto che era matto.

A me piace camminare, ma mi limito di solito a cinque, dieci chilometri, che mi sembrano più adatti a un 65enne. Non nascondo però che l’invito di mio figlio mi stuzzica.

Davvero questi “cammini” sono così lunghi? E alla mia età come si fa ad allenarsi per una camminata del genere?

La deambulazione

La deambulazione, il camminare, è una successione di movimenti ritmici alternati degli arti inferiori, bacino, tronco, arti superiori e capo che, determinando uno spostamento in avanti del centro di gravità, producono, attraverso una serie di rototraslazioni di tutti i segmenti articolari interessati, la progressione del corpo in avanti.

Quando l’arto inferiore destro è slanciato in avanti, l’arto superiore sinistro lo è all’indietro: l’effetto si dovrebbe mantenere nel tempo. Non esiste volontarietà nel cammino se non nel suo avvio, nelle variazioni di percorso e nella decisione di arrestarsi.

Tutti i movimenti avvengono in maniera automatica secondo un programma previsto dal nostro sviluppo che inizia ad un anno di età e si perfezione verso i tre.

 Superfici di deambulazione

È facilmente intuibile che il terreno su cui si cammina influisce in modo notevole sulla qualità e sulla quantità dei movimenti deambulatori.

Per fare qualche semplice esempio basta pensare a quando si cammina sulla sabbia: il terreno cede sotto il nostro peso e il piede si deve adattare in continuazione alle variazioni di pressione e di stabilità. È un ottimo metodo che viene consigliato, ad esempio, nel recupero funzionale perché stimola in modo elevato la propriocezione,  ovvero la capacità di mantenere costante l’equilibrio del nostro corpo, sfruttando in modo complesso muscoli agonisti ed antagonisti, specie quelli che si riferiscono alle caviglie.

Diverso è camminare in città sui marciapiedi o lungo una strada asfaltata: la mancanza di asperità dovrebbe consentire una deambulazione semplice, tranne che non ci capiti di incontrare qualche buca maledetta.

Ancora diverso è il concetto di trekking, ovvero di deambulazione su terreno sterrato che comporta continui dislivelli e asperità che impegnano il passo in modo complesso. È intuibile come vengano coinvolti determinati muscoli se il terreno è in salita e gli antagonisti degli stessi se siamo in discesa.

Adesso va di moda il nordic walking o in italiano camminata nordica che è stata definita il più efficiente e piacevole allenamento al mondo, un modo per aumentare la propria vigorosità fisica, migliorare nel complesso la propria salute e vitalità mentale.

In pratica, si tratta di una camminata in cui le braccia spingono in modo opposto ed alternato rispetto ai piedi con l’aiuto di appositi bastoni. Durante l’allenamento i movimenti interessano fino al 90% dei muscoli del corpo. Il nordic walking era inizialmente usato come forma di allenamento estivo dai fondisti, in quanto permetteva loro di simulare le tecniche di sci di fondo anche in mancanza di neve.

L’anno ufficiale di nascita della camminata nordica è il 1997 grazie al suo inventore, Marko Kantaneva.  Attualmente la pratica del nordic walking si è diffusa in molti Paesi e svolge un ruolo considerevole nel mantenimento di una buona salute tra le persone di tutte le età in tutto il mondo ma è evidente che camminare sulla neve o su un terreno “civile” comporta un differente approccio motorio.

Attrezzature

Con questo termine generico possiamo individuare il vestiario e le scarpe.

Entrambe le categorie meriterebbero uno spazio molto ampio, quindi ci possiamo limitare a dire che gli indumenti devono consentire una mobilità piacevole, una traspirazione adeguata, evitando il più possibile di muoversi con gli abiti inzuppati di sudore, mentre le scarpe devono essere idonee al tipo di terreno su cui vengono adoperate.

Senza entrare nel tecnicismo, devono consentire al piede di non avere costrizioni poco tollerabili o peggio consentire sfregamenti che portano rapidamente a dolorose vesciche. Chi le ha avute sa bene quanto siano fastidiose e come di fatto impediscano la deambulazione.

Distanze

In generale si fa riferimento al “Cammino di Santiago” e i consigli sono molteplici.

In generale si consiglia empiricamente di fare 10.000 passi al giorno ma le variabili sono numerose e dipendono da tanti aspetti fisici che vanno accuratamente valutati e modulati rispetto alle decadi di vita del senior. Vanno infatti considerate le caratteristiche orografiche sopra citate e quindi il comportamento derivante da esse.

Si può dire che per un senior non si dovrebbero superare i venti chilometri in una giornata, ma questo non è supportato da studi scientifici specifici dato che gli stessi sono volti a portatori di patologie o comunque al beneficio aspecifico dell’attività.

Foto di Gianni Crestani da Pixabay 

 

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Già primario di riabilitazione specialistica dell’ospedale L. Sacco di Milano e docente presso l’Università degli Studi di Milano, Silvano Busin é Direttore scientifico di ISSA Europe (International Sports Sciences Association Europe) e della rivista Fitness & Sport.

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